Di nicchia, non minori. Anzi, decisamente di eccellenza. I risi pigmentati (o colorati) possono diventare un traino della produzione risicola italiana, benché rappresentino soltanto lo 0,3 per cento. Di risi pigmentati come opportunità anche sotto il profilo salutistico si è parlato in un convegno nell’aula magna del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università del Piemonte orientale Amedeo Avogadro, dove è stato presentato il progetto «TecSalus Riso. Produzione di ingredienti e principi attivi da risi pigmentati con potenzialità cardioprotettive». Un incontro per discutere insieme a esperti, imprenditori, ricercatori, aspetti culinari e salute. Organizzatori L’Università con la Fondazione Comunità Novarese Onlus, che è intervenuta con Gianluca Vacchini. Ha aperto i lavori Aldo Martelli (Università del Piemonte Orientale), che ha tratteggiato gli effetti positivi degli alimenti funzionali, i cosiddetti nutraceutici e in particolare sugli effetti dei risi pigmentati che contengono un alto tasso di antocianine. Paolo Carrà, presidente Ente Nazionale Risi: «E’ necessario connotare la produzione italiana, manca la promozione. I risi colorati (nero, rosso) rappresentano un piccolo gioiello italiano».
Michele Perinotti (Azienda Agricola Gli Aironi di Lignana, nel Vercellese), ha illustrato il progetto «Riortec» con l’Università del Piemonte orientale e alcuni esempi di trasformazione del riso nero. Poi è intervenuto Massimo Biloni, direttore generale di Sa.Pi.Se. (Sardo Piemontese Sementi) che ha parlato dello sviluppo delle varietà a pericarpo pigmentato in Italia. A seguire l’esperienza dell’imprenditrice romana Cristina Brizzolari, titolare dell’azienda agricola «Guidobono Cavalchini» di Casalbeltrame; Luca Barbieri (foto) chef bresciano specializzato in cucina lineare metabolica. Infine Marco Arlorio e Maria Prat (Università Piemonte Orientale) hanno presentato il progetto «TecSalus» sui principi attivi da risi pigmentati con potenzialità cardioprotettive.
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