di Gianfranco Quaglia
A Expo 2015 scoppia la guerra del «Basmati», il riso di origine orientale (Pakistan e India) non utilizzato come cereale da risotto, ma cibo di accompagnamento per la preparazione di altri piatti (carni, verdure). Il cereale, sempre più diffuso fra le nuove generazioni, è importato in larga misura nel’unione Europea.
L’Ente Nazionale Risi ha invitato il ministro delle Polotiche Agricole, Maurizio Martina, a voler assumere una decisa posizione nei confronti degli organizzatori del Cluster del riso, l’area espositiva dove sono presenti alcuni paesi stranieri (Cambogia, Myanmar, Laos, Vietnam, Sierra Leone), i primi due diretti concorrenti della risicoltura europea.
Ma l’intervento dell’Ente Nazionale Risi non è mirato a contrastare i competitor commerciali, quanto a difendere il Made in Italy dall’«Italian sounding», l’agropirateria che mistifica e danneggia la produzione di casa nostra.
All’ingresso del padiglione, infatti, l’attenzione del visitatore è subito attirata dalla scritta «Risotto Basmati italiano» che invita alla degustazione di risotti preparati, appunto, con la varietà di riso Basmati, varietà di origine indiana e pakistana e certamente non italiana.
Paolo Carrà, commissario straordinario dell’Ente: «Non era più possibile fingere di non vedere. Si tratta di un evidente tentativo di sfruttamento del richiamo che la tradizione del risotto italiano esercita sul consumatore, al fine di promuovere l’impiego di un cultivar non italiano in preparazioni, al contrario, tipiche del Bel Paese, a detrimento della reputazione e del consumo delle nostre varietà. Tale azione va senz’altro contrastata».
Nell’ambito del Cluster è presente il «padiglione Basmati» gestito da operatori che nulla hanno a che spartire con l’Italia: il ricorso alla definizione «Risotto Basmati itlaiano» per fini puramente commerciali rischia infatti di disorientare i consumatori, italiani e stranieri. «Il Basmati – aggiunge Carrà – per legge non può esere italiano e noi vogliamo sottolineare con questa nostra presa di posizione che il risotto si cucina con le varietà japonica, quelle appunto coltivate in Italia».
Roberto Magnaghi, direttore generale Ente Risi: «Era necessario tutelare l’immagine dell’italianità. Ci auguriamo che il ministro intervenga nei confronti degli organizzatori del Cluster, ponendo fine al tentativo di taroccare il riso italiano».
Il maggior poroduttore europeo, cioè l’Italia, non è presente nel Cluster. L’Ente Nazionale Risi, insieme con alcune Camere di Commercio e Province delle zone risicole, ha preferito evitare commistioni e confusioni, scegliendo di entrare nel padiglione CIBUUèItalia di Federalimentare, dove il Made in Italy della risicoltura è raccontato con uno spazio interattivo e attraversoincontri e serate a tema».
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