Questo è un prodotto unico al mondo. La Coldiretti non ha dubbi e in questo modo, in un comunicato ufficiale del maggio 2009, definisce il bovino piemontese della coscia. Ne discende che Bruxelles e il Parlamento d Strasburgo debbono arricchire questa razza territoriale dell’IGP, il riconoscimento di qualità e, grazie al riconoscimento, meno esposto alle truffe commerciali e alle mezzene false degli animali smerciate nelle macellerie e nella grande distribuzione. La carne di Piemontese, già protetta da diversi consorzi e cooperative istituite negli anni Ottanta e Novanta, occhieggia oggi nelle vetrine di esposizione con l’aiuto del marchio di Coalvi fondato da allevatori e macellai il 23 luglio 1984. Inoltre, negli anni successivi, specialmente in provincia di Cuneo, sono stati creati marchi di qualità che fanno riferimento alle parti di carne del bovino più tenere, meno ricche di colesterolo e più di ferro, adatte agli arrosti e ai brasati, fiori all’occhiello della cucina regionale che si accompagnano con i vini barolo, barbera, anche bonarda dell’Oltrepo pavese. Ultimamente, i battuti al coltello delle cosce di Piemontese sono anche diventati hamburger entrati con pieno diritto nei ristoranti della Mac Donald, battendo i tagli provenienti dalle praterie del West americano.
Ma Coldiretti e gli allevatori della Piemontese della coscia non si accontentano. Nello scorso mese di aprile a Torino, in piazza Castello, hanno dato vita al vitellone day, guidati da Roberto Moncalvo, presidente della Federazione Nazionale dei coltivatori diretti. E hanno anche approvato un documento che ha le radici in una polemica verso i burocrati dell’Unione Europea. Infatti, i colletti bianchi da cui dipendono gli adeguamenti normativi della Agricoltura in tutta Europa, di fatto hanno sentenziato che non tutte le mezzene di vitellone hanno diritto a questo attributo. Pertanto, senza modifiche del disciplinare approvato di recente, i tagli di carne Piemontese di vitellone della coscia non hanno diritto all’IGP. Al momento ne discende un danno economico rilevante, anche perché le aggressioni ai prodotti italiani soggetti alle falsificazioni sono sempre più evidenti. Il mondo variegato che sta dietro alla Piemontese della coscia, sostiene semplicemente: con l’IGP, il pericolo di truffa merceologica diminuirà di molto. Il fenomeno negativo si è visto ai tempi della mucca pazza durante i quali le vendite di braciole e bistecche sono diminuite di molto. Per la Piemontese, garantita da Coalvi e dalle altre cooperative, invece no. Gli acquirenti a Cuneo, come nelle grandi città del Nord, sono andati sicuri all’acquisto dei manicaretti. E questo succederà con il marchio IGP, da accordare urgentemente.
L’aspetto economico, che richiede la tempestività da parte di Bruxelles, è anche documentato dalle cifre: secondo i calcoli di Coldiretti e dei suoi dirigenti, l’intera filiera della Piemontese della coscia vale 500 milioni di euro, anche calcolando l’export di mezzene fino alla severissima Hong Kong da un punto di vista alimentare. Le bistecche di Piemontese della coscia si gustano nei ristoranti dell’Estremo oriente. Non solo, sempre i calcoli asseverati da Coldiretti che si sofferma sugli aspetti economici. I capi di Piemontese della coscia in Italia sono più di 350 mila unità che vengono allevati e macellati in 6 mila aziende. Qui il lavoro è assicurato a oltre 15 mila addetti. E il trasporto degli animali, più la logistica, la mangimistica, la macellazione e il sezionamento attraverso organismi specializzate, aggiungono un altro fatturato di oltre un miliardo e 30 milioni di euro. A conti fatti, la Piemontese della coscia vale oltre due miliardi e mezzo di euro.
La Regione Piemonte ha, da tempo, preso atto di questa realtà e in positivo si è comportata di conseguenza. Questo è anche accaduto per il Ministero delle politiche agricole che, fin dal 2009, ha caldeggiato a Bruxelles la richiesta di IGP degli allevatori e dagli altri che, nella filiera, commerciano in maniera trasparente le mezzene di Piemontese della coscia. Il Miraf ha fatto di più. Nel decreto per l’approvazione della domanda di IGP ha descritto i confini territoriali della Piemontese della coscia sunteggiando la sua storia genetica, all’improvviso rivelata a Guarene (Cuneo) nel 1886 . Questo bovino, per secoli utilizzato per carne, latte e forza lavoro, ha caratterizzato da più secoli l’allevamento nel Cuneese, diffondendosi nelle province di Alessandria, Asti, Torino, Novara, Biella e Vercelli concentrata nell’area di baraggia ai piedi delle Alpi. E, poi, nell’Appennino nelle province di Savona e Imperia. Nel decreto ministeriale e nella delineazione del disciplinare se ne tiene conto, cosicché i bovini e le loro mezzene più il loro IGP avranno una provenienza legittima da buona parte del Nord Ovest italiano. Dal latte di Piemontese sono anche prodotti due rinomati formaggi DOP piemontesi: il Rashera e il Castelmagno, signori della cucina regionale italiana, che fanno ulteriormente valorizzare questo bovino. Lo stesso Miraf , nero su bianco, racconta le origini genetiche dalla Piemontese. Venticinquemila o trentamila anni fa gli zebu pakistani, affetti da ipertrofia muscolare nel collo e nelle cosce, si incrociarono con i bovini europei. Nel tempo ne derivò il vitellone piemontese della coscia che adesso, con urgenza, si vuole proteggere con l’IGP. Nel 1886, come documentato gli archivi comunali, il mistero dell’ipertrofia muscolare della razza piemontese fu svelata. E nel 1887, in una mostra di bovini, le qualità della Piemontese furono ammesse ufficialmente e apprezzate. L’affermazione genetica e qualitativa della razza incominciò negli anni Trenta del Novecento, diventato sempre più importante in questi decenni con consorzi e cooperative di difesa. Ora, l’ascesa si completerà con l’IGP. E, così, la sua espansione commerciale e gastronomica diventerà inarrestabile in Piemonte, Lombardia dell’Ovest, Liguria.
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