di Gianfranco Quaglia
Ogni quattro giorni nel mondo sono acquistati da investitori stranieri terreni da coltivare con una superficie più grande dell’area comunale di Roma. Complessivamente oltre 200 milioni di ettari l’anno, come dire una dimensione undici volte più estesa dell’Italia. E’ il cosiddetto «land grabbing», l’accaparramento o corsa alla terra, così come secoli fa avveniva per l’oro. Perché nel futuro prossimo il bene comune più prezioso sarà proprio il terreno, e chi lo possederà a sufficienza o in eccesso avrà il monopolio distributivo per sfamare i 9 miliardi di persone che abiteranno il Pianeta Terra, così come prevedono gli analisti. Il «land grabbing» è soprattutto concentrato nell’area subsahariana, con una presenza pari ai due terzi di questo nuovo fenomeno economico mondiale.
Ed è sempre nel continente africano che si sta consumando, ormai da anni, l’impoverimento del suolo agricolo. Non solo a causa di siccità e altri eventi atmosferici avversi. Le guerre interne, i genocidi, con la fuga dai territori sino a poco fa coltivabili, hanno determinato una sottrazione di ettari abbandonati a se stessi. Domenico Quirico, inviato de «La Stampa» sui fronti di guerra, attento e profondo osservatore degli scenari che stanno cambiando il mondo e ci coinvolgono, ha ricordato questi mutamenti durante un incontro con gli studenti a Novara: «Ho attraversato interi territori prima rigogliosi e ricchi di seminativi, ora ridotti a zone desertiche, dove l’uomo non ci mette più piede da anni. E non ci tornerà>. E’ avvenuto che le popolazioni rurali, incalzate dai conflitti o dalle lotte tribali, hanno lasciato ogni cosa, compreso il lavoro. Molti di questi agricoltori o lavoratori rurali (donne comprese) si sono spinti al Nord, in cerca di sopravvivenza, sino alle coste del Mediterraneo e da qui hanno ingrossato le fila dei migranti che ogni giorno sfidano il mare e la morte.
Oltre il 65 per cento del terreno africano è danneggiato dall’impoverimento dovuto all’abbandono, dalla mancanza di fertilizzazione, calamità e guerre.
L’agricoltura sconfitta dalle guerre (basti pensare alla Siria) dovrebbe essere uno dei temi all’attenzione di questo Expo che ha come motto Nutrire il Pianeta Energia per la Vita.
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