di Gianfranco Quaglia
Una terra è ricca non solo per ciò che produce, ma per la qualità dei suoi figli. E quando una persona come Paolo Pettinaroli se ne va, nel silenzio e nel tepore di una notte di primavera, anche la terra che lui ha tanto amato si scopre più povera.
Aveva 70 anni Paolo di Romagnano Sesia ed era noto in tutta Italia e nel mondo. Per aver speso l’ultimo segmento della sua esistenza a trasformare tragedia e dolore senza fine in azione propositiva. La sua vita era cambiata una mattina di nebbia, l’8 ottobre 2001, quando un aereo di linea impattò sulla pista di Linate contro un velivolo da turismo: 118 morti e un solo sopravvissuto. C’era anche il figlio Lorenzo fra quei passeggeri ghermiti nel giro di pochi secondi a causa di errori umani e superficialità, poi provati in sede processuale. Ma solo dopo una lunga battaglia, che non sarebbe stata vinta se Paolo Pettinaroli e gli altri famigliari di quelle vittime non avessero deciso di elaborare quel dolore dando vita al «Comitato 8 Ottobre per non dimenticare», organismo no profit non solo per avere giustizia. Ma per dire negli anni che sono seguiti che qualcosa si può e si deve fare per la sicurezza aerea.
La crociata di Paolo è stata globale, nel senso che la sua presenza e quella degli amici che l’hanno seguito in questi quindici anni hanno spaziato dall’Italia al resto del mondo, con interventi e azioni specifiche, convegni scientifici, richiami e studi sulla sicurezza aerea. E ogni anno, in prossimità di quell’8 ottobre, due giorni di commemorazione, dibattiti, ricordi, a Milano, con il coinvolgimento delle massime autorità, di tutti i parenti di quelle vittime, figli, nipoti provenienti da mezza Europa, italiani e stranieri come erano quei passeggeri. Un abbraccio corale della città e con i cittadini, il concerto finale alla Scala. Paolo organizzava tutto ciò con un entusiasmo instancabile e negli ultimi tempi non lo frenava neppure il male che l’aveva assalito, subdolo e progressivo, come testimonia Adele Scarani, vicepresidente del Comitato, che come lui è sempre stata ovunque e gli era accanto nell’organizzazione.
L’attività di Paolo non si è limitata al ricordo. In questi quindici anni ha cercato di elaborare il dolore sospinto da una forza che si riverberava in azioni concrete: l’inaugurazione di parchi e viali in molte città italiane, a partire dalla sua, quasi a testimoniare il senso della vita che continua. E in questo lungo (o breve) periodo la cronaca ha segnato i giorni di tanti, troppi disastri aerei. Ebbene, ogni volta Paolo è intervenuto puntuale per stigmatizzare, richiamare l’attenzione, tanto che il Comitato 8 Ottobre è diventato un soggetto attivo e riconosciuto a titolo ufficiale come partecipante di diritto a seminari e progetti sulla sicurezza aerea in tutto il mondo. Un soggetto cui è stato affidato il compito di organizzare un convegno mondiale a Milano su questi temi.
Avevo sentito Paolo qualche settimana fa, il giorno del disastro aereo Germanwings. La tonalità della voce un po’ rauca, immutata l’impronta di umanità e fermezza del suo pensiero: «Noi conosciamo il dolore acido pungente e buio di quelle famiglie – aveva detto -. Il dolore acuto che non passa, che bisogna pigiare giù in fondo perché la vita prosegue la sua pazza corsa e noi dobbiamo ancora dare cura, amore e consiglio a chi cammina accanto a noi».
Quelle parole, condivise con la moglie Giovanna e il figlio Alex in un altro momento doloroso che gli ultimi scampoli di vita avevano riservato a quest’uomo straordinario, sono il suo lascito più ricco a chi oggi, come noi, si sente più povero.
I funerali martedì 14 alle 15 nella chiesa parrocchiale di Romagnano Sesia (Novara).
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