Frescobaldi a Vinitaly: “Serve un sacrificio sui ricavi per non perdere il mercato Usa”

Frescobaldi a Vinitaly: “Serve un sacrificio sui ricavi per non perdere il mercato Usa”

grafico vinitalyVinitaly e dazi di Trump. Era inevitabile che fosse l’argomento del giorno, all’inaugurazione di Verona. Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini, ha parlato in apertura: “Dagli Stati Uniti arrivano le prime lettere dei distributori non disposti ad accettare alcun sovraprezzo sui nostri vini. Allo stato attuale si sta evidenziando una bagarre su chi dovrà assumersi l’onere dei minori ricavi per assicurare la stabilità dei prezzi al consumo, le imprese italiane non devono cedere ma imporre la propria forza commerciale su un prodotto che arricchisce in primis la catena commerciale statunitense. Uiv ritiene che tutta la catena – dalla produzione al punto vendita – debba sacrificare parte dei ricavi per garantire listini invariati al punto vendita, pena l’uscita dal mercato di tante realtà del nostro settore”. Un “sacrificio”, secondo l’Osservatorio Uiv, stimato in 323 milioni di euro l’anno che riguarda 480 milioni di bottiglie spedite Oltreoceano.

“Uiv – ha concluso Frescobaldi – confida che il Governo italiano possa rappresentare in sede europea le ragioni del settore e promuova la strada del dialogo e della trattativa. Bisogna inoltre evitare che si ripeta l’esperienza subita nel 2020 dai vini francesi, che a fronte di tariffe extra del 25% ha visto calare il proprio business del 28% in valore. Per questo siamo a disposizione del Governo anche per descrivere nei dettagli le dinamiche che si stanno venendo a creare lungo la catena commerciale”.

I vini d’importazione, a partire da quelli italiani che nel 2024 hanno registrato vendite per quasi 2 miliardi di euro, sono protagonisti di un effetto moltiplicatore sull’economia americana, che monetizza 4,5 dollari per ogni dollaro speso. Gli Usa valgono il 24% del totale export dei vini italiani: è il paese produttore europeo maggiormente esposto, a fronte della Francia al 20% e la Spagna all’11%.

“La batosta trumpiana sul vino Made in Italy svela le crepe di un comparto da 2 miliardi di euro di fatturato sulla piazza americana, la prima per le etichette tricolore, ma anche lungamente in balia di una politica restrittiva e discriminatoria, a livello nazionale e Ue, che il settore non può più sostenere. Mentre auspichiamo, quindi, un negoziato importante rispetto ai dazi Usa al 20% su tutti i prodotti europei, food & beverage compresi, invitiamo l’Europa e l’Italia a fare meglio, adesso, quanto meno su etichettatura allarmistica e Codice della strada”. Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, oggi all’inaugurazione di Vinitaly, a Veronafiere fino al 9 aprile.

“Questa guerra commerciale va chiaramente fermata -ha detto Fini-, all’orizzonte lascerebbe solo perdenti, quando è importante, invece, catalizzare il momento per affrontare il fenomeno dell’Italian sounding, che vale già più di 100 miliardi, e dotarci di una più adeguata regolamentazione Ue a contrasto delle pratiche commerciali sleali”.

“In Europa, adesso, il dibattito va portato al suo punto finale -ha aggiunto-. Il Pacchetto vino dovrà compiere uno sforzo maggiore. I produttori del settore vanno liberati dai troppi oneri burocratici e incoraggiati con più risorse e misure per la promozione, la crescita e la diversificazione. Diversamente, sarà proprio impossibile guardare ai nuovi mercati. Infine, speriamo sia davvero l’occasione per salutare il Nutriscore, basta con le etichette allarmistiche e le imposte sul consumo di vino, perché la narrativa deve cambiare puntando piuttosto sul valore di scelte più consapevoli, su più spazio a tracciabilità e qualità in etichetta, chiara e non fuorviante”.

Da parte del presidente di Cia il richiamo è anche alla fragilità interna del mercato vitivinicolo che copre l’1,1% del Pil nazionale, ma che risente del calo dei consumi (del 21% negli ultimi 30 anni, del 5%, si stima, con l’introduzione del nuovo Codice della strada) e di una riduzione totale del 15% degli ettari investiti da inizio millennio.

“I margini di sviluppo ci sono -ha sottolineato- Abbiamo dalla nostra quasi 30 milioni di persone che bevono vino in Italia, ed è un dato stabile. Cresce la produzione delle IG, c’è interesse per i dealcolati. La viticoltura italiana ha radici solide, forti di tradizioni e cultura, che i nuovi trend devono poter valorizzare. Serve però più coraggio, ora per essere ancora più attrattivi, efficienti e competitivi. Siamo pronti a chiudere il cerchio, a sostegno degli oltre 200 mila viticoltori italiani, per trasformare questa crisi in opportunità”.vinitaly 2025

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