Quel chicco di caffè che diventa riso

Sette milioni di piatti, oltre 6.600 quintali, cento città coinvolte in Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Puglia. Sono i numeri del progetto “Da chicco a chicco” che parte dal caffè e viene trasformato in riso per raggiungere i meno abbienti, nell’ambito di una iniziativa che coinvolge dal 2011 Nespresso (colosso del gruppo Nestlè) e Banco Alimentare. L’idea ha movimentato anche decine di aziende agricole nell’area di maggiore produzione (Piemonte e Lombardia). E’ un progetto di economia circolare che comincia con il riciclo delle capsule esauste, con l’obiettivo di riportare a nuova vita i due materiali di cui sono composte: alluminio e caffè. Quest’ultimo può diventare compost per fertilizzare il terreno delle risaie, da cui nasce il cereale che Nespresso riacquista e dona al Banco Alimentare. Sino ad arrivare a 174 strutture caritative. L’alluminio, invece, una volta fuso viene trasformato in oggetti come penne, biciclette o coltellini. Ma sono soprattutto i piatti caldi di riso, distribuiti ai meno abbienti, a fare la differenza e interpretare il senso della solidarietà. Un’idea “contagiosa” che ha spinto anche Fondazione Progetto Arca con le cucine mobili a distribuire risotti alle persone in strada, in quattro città (Milano, Roma, Torino e Bari). Nespresso ha investito oltre 6 milioni di euro in questa filiera che tocca tutti, dal consumatore di caffè sino agli agricoltori e infine ancora al consumatore. Un ciclo completo all’insegna della sostenibilità, che ha incontrato il favore dei risicoltori perché si è scoperto che i fondi delle capsule sono ricchi di azoto, potassio e magnesio. Insomma nutrienti che – trasformati in fertilizzanti – fanno bene al terreno e riducono anche i costi di produzione aziendali.

(L’Analisi del 22 dicembre 2024)

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