Partì proprio da queste terre (Romentino), Paolo Bonomi, che 80 anni fa, esattamente il 30 ottobre 1944, fondò la Coldiretti, l’associazione oggi riconosciuta come il sindacato agricolo più grande d’Europa. Lo ha ricordato il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, nell’omelia pronunciata in Duomo durante la Giornata del Ringraziamento degli agricoltori di Novara e Verbano Cusio Ossola. Rito che suggella la fine dell’annata agricola, ma anche l’ultima tappa di un 2024 difficile e speciale al tempo stesso, che ha scandito le celebrazioni dell’ottantesimo. Brambilla ha sottolineato il valore espresso dalla gente dei campi, riallacciandosi alle origini che lo legano a questo mondo: “Da famiglia contadina per parte di mia madre e mio padre, che era zoccolaio. Oggi, nonostante il lutto che mi ha colpito (l’improvvisa scomparsa della sorella Giuseppina, n.d.r.) ho voluto esserci per manifestarvi tutta la mia vicinanza. La vostra è una religione del lavoro e della famiglia e mi piace ricordare come in passato la stagione invernale rappresentasse il momento della sapienza del contadino. Ancora: le parabole più belle di Gesù arrivavano dal mondo agricolo. A quei tempi si seminava senza arare, poi si erpicava. L’aratro curvo, quando si affacciò in Europa, consentì di aumentare di un 20 per cento le terre coltivate”.
A proposito di semina, gesto e vocabolo che ricorre nei Vangeli, il celebrante coglie l’attimo per rivolgersi ai coltivatori e incitarli attraverso una metafora: “Non abbiate paura di seminare con larghezza, coinvolgete genti e cose nuove. Servono seminagioni con braccio largo. Bisogna tentare, creare, la creatività del contadino interagisce con la natura. Ricordatevi dei vostri grandi patroni, i benedettini”.
Partiti dal nulla i Coltivatori Diretti, da un mondo emarginato come lo era quello vissuto da Paolo Bonomi, il “ragazzo del Boscaccio” di Romentino che scarpinava nella carrareccia per andare a scuola. Poi arrivati ai vertici del panorama agricolo europeo, capaci di far sentire la voce, orientare leggi. Il vicepresidente di Novara e Vco, Fabrizio Rizzotti: “Il nostro fondatore ha saputo cambiare il volto e dare valore al nostro lavoro e al nostro ruolo. Siamo passati dall’essere mezzadri a contadini, per essere oggi imprenditori agricoli (un’imprenditoria che in modo diretto e con il proprio indotto rappresenta il 25% del Pil italiano). Siamo quelli che hanno accompagnato l’Italia nella fase della rivoluzione industriale degli anni 50 e 60. Quelli che gestiscono il territorio, si occupano della manutenzione dell’ambiente. Dove non c’è agricoltura c’è abbandono, dissesto, distruzione e purtroppo anche morte, tutto questo lo vediamo in Italia e nel mondo. Dobbiamo essere fieri e orgogliosi del nostro ruolo agricolo, del nostro passato, ma non possiamo pensare che per un euro speso dal consumatore solo 14 centesimi siano per l’agricoltore”.
Quasi grido di dolore senza enfasi, ma passaggio obbligato per richiamare l’attenzione sulla forbice che separa produzione dall’ultimo anello della catena distributiva, dal piatto in tavola. E a proposito di menù il direttore Luciano Salvadori legge la lista (lunga e ricca) dei prodotti che decine di coltivatori portano all’altare, come segno di riconoscenza e testimonianza dell’immensa varietà di un potenziale ricavato dai campi dell’Ossola, dei laghi, delle colline e della pianura.
Nelle prime file della Cattedrale, le autorità, con l’assessore all’ambiente della Regione Piemonte, Matteo Marnati, e il sen. Gaetano Nastri.
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