Alessandra, “regina delle selve” contro gli abusi

Alessandra, “regina delle selve” contro gli abusi

di Gianfranco Quaglia

Fosse vissuta nell’antica Grecia forse sarebbe stata venerata come la dea Artemide, figlia di Zeus, sorella gemella di Apollo, protettrice della caccia, degli animali selvatici e della foresta. Soprattutto di quest’ultima.

Alessandra Stefani si schermisce ma, quando si parla di alberi, s’inalbera (e non è un gioco di parole). Per le piante si è battuta, ha speso parte della vita. E oggi, a distanza di tempo, può trarre un bilancio e dirsi soddisfatta. E lo fa nella “sua” Novara, terra trampolino di lancio che l’ha amata e l’ha spinta a scalare gradini inattesi, sino ad arrivare – prima donna in Italia – al grado di generale. Stellette che ha portato sulla divisa della Forestale dello Stato, come vicecomandante generale, prima che il Corpo venisse inglobato nell’Arma dei Carabinieri. Il suo ruolino di marcia è una carriera che rifulge di stellette, appunto: comandante a Novara, Biella, alla guida regionale della Forestale in Veneto e Piemonte, poi la chiamata a Roma. Sciolto il Corpo, è passata a dirigere la Direzione generale dell’economia montana e delle foreste nell’ambito del Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Ministero dell’Agricoltura.

E’ stato il Soroptimist Club di Novara, con la presidente in carica Claudia Sassi, la presidente eletta Maria Angela Malosso, la past president Giovanna Broggi, a invitarla al meeting di poche sere fa. Dove Alessandra Stefani ha parlato di ambiente, agricoltura, difesa del territorio, difficoltà di interpretare ruoli e competenze in un mondo di tradizionale appannaggio maschile. I primi anni non semplice ribattere alle frasi tipo “Ma perché non te ne stai a casa a fare la calzetta?”. Invece di rispondere a tono, lei ha sempre reagito sul campo. Anzi, nelle campagne e nei boschi, calcando sentieri e inerpicandosi sui monti. In prima linea. Guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione dei suoi uomini, delle squadre di cui era al comando. Ma anche il consenso della gente. “Il grado mi ha aiutato, ma mi hanno sostenuto anche mio padre e mio marito. Il segreto della leadership? L’ascolto e la valorizzazione di coloro che mi stanno attorno. Mai atteggiamento muscolare nelle relazioni”.

Ma decisione e tenacia, sì. Come quella volta che, proprio nelle campagne attorno a Novara, si batté con un risicoltore che stava per abbattere un boschetto di robinie in mezzo alla risaia: “Mi chiamarono, lo incontrai. Parlammo. Gli spiegai che il paesaggio e la natura sono anche grandi storie che appartengono alle nostre famiglie. Lo convinsi. Ecco, ascoltare e raccontare, entrare in sintonia. Forse questa è la leadership al femminile”.

Ma quando c’è qualcosa di irrimediabile e illegale, allora Alessandra Stefani interviene senza parlare né battere ciglio. Come nel caso dell’importazione di teak dal Myanmar. Brutta storia, questa. Qui è difficile affidarsi al dialogo. Accade che dall’ex Birmania alcune imprese italiane importano prodotti in legno dal Myanmar in misura maggiore di qualsiasi altro Paese europeo (c’è chi stima per un prezzo all’origine di oltre 3,3 milioni di dollari).

Il teak birmano, che fa capo direttamente all’azienda di Stato gestita dai generali della dittatura militare, serve per la copertura di navi e soprattutto di yacht, che vengono costruiti in Italia e poi acquistati dagli oligarchi russi. Il Myanmar è Paese con il più alto tasso di deforestazione al mondo, ma nonostante l’embargo l’Italia continua a essere uno dei principali clienti, attraverso triangolazioni commerciali con altri Stati. La Stefani si è prodigata con determinazione per stroncare il traffico, si è rivolta anche alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che già in altre occasioni (come nel caso del riso) ha imposto restrizioni all’esportazione e sanzioni nei confronti di quel Paese del Sudest asiatico, dove i diritti umani sono a grave rischio. Si è “beccata” anche una denuncia da parte di uno dei trasformatori italiani di teak, intralciato nella preparazione degli yacht. Ma non si è né intimorita né arresa, convinta che quei traffici servano soprattutto a finanziare dittature che utilizzano il denaro in armamenti.

 

 

soroptimist alessandra stefani

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