di Gianfranco Quaglia
Il 2015 appena arrivato potrebbe essere l’anno decisivo per il futuro del riso italiano, minacciato dalle importazioni a dazio zero provenienti dai Paesi cosiddetti meno avanzati (in prima fila la Cambogia). Bruxelles dovrà esaminare la richiesta di applicare la clausola di salvaguardia presentata dal Governo italiano per fermare la valanga di riso tipo Indica che si riversa a valanga sull’Europa. In attesa che una decisione sia presa potrebbe essere proprio la Cambogia a darci una mano. Insomma, il nemico giurato avrebbe deciso di diversificare le esportazioni (da gennaio a novembre sono ammontate a 335.935 tonnellate) riducendo parte della quantità da inviare in Europa. Lo ha dichiarato il ministro del commercio cambogiano, Sun Chanthol, durante una visita nel Kuwait: «Dobbiamo diversificare il nostro mercato, non possiamo mettere tutto il nostro riso in un paniere. Dobbiamo esportarlo al di là del mercato europeo, in modo da poter migliorare la vita dei nostri agricoltori». Le nuove terre promesse per il governo di Phnom Penh potrebbero essere, oltre all’Unione europea, anche Africa, Medio Oriente e in particolare il Kuwait. Il Ministero ha già istituito un dipartimento per la gestione degli affari e facilitare i rapporti commerciali in Medio Oriente.
Il prodotto made in Cambogia è molto apprezzato nel mondo. Non è un caso se il «Cambodian jasmine rice» (il cambogiano al profumo di gelsomino) ha vinto il primo premio alla Conferenza mondiale del riso. Insomma, se non interviene l’Ue a erigere una barriera contro l’invasione del riso dal Sudest asiatico, potrebbe essere proprio la Cambogia che indirettamente darà una mano all’Italia, diminuendo parte dei quantitativi destinati all’Europa a favore del Kuwait. Sarebbe anche una schiarita sul fronte della polemica a distanza che ha tenuto banco nel 2014. Da una parte l’Italia che puntava il dito contro gli accordi Ue-Cambogia; dall’altra il segretario generale della Cambodia Rice Foundation, David Van, il quale aveva usato parole dure: «I produttori italiani sono nervosi perché la riforma della Pac sta cambiando la struttura del sostegno dell’Ue, con meno fondi per ettaro rispetto al passato». A queste stilettate si sono poi aggiunte le interpretazioni discordanti sulle cifre relative all’import dai Paesi meno avanzati: non significative secondo quanto ha ritenuto in un primo tempo la Ue, in realtà aumentate in termini esponenziali secondo le stime (peraltro confermate e verificate) della filiera risicola italiana.
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