Nelle sale medioevali del Principato di Lucedio (Trino Vercellese), dove i monaci cistercensi nel 1123 bonificarono le paludi e diedero vita alla prima risaia d’Italia, nasce l’idea della strada del riso che unisce il territorio. L’iniziativa è di Massimo Biloni, presidente attuale della “Strada del riso vercellese di qualità”: non solo un tracciato ideale, ma un percorso che da dieci anni sta mettendo in vetrina le aziende produttrici vercellesi e biellesi, insieme con il patrimonio artistico, culturale, paesaggistico e gastronomico.
Un potenziale enorme che non può più essere circoscritto ai confini di una sola provincia, ma deve includere anche Novara, seconda per superficie risicola in Piemonte. L’una e l’altra, insieme producono oltre il 50 per cento del cereale made in Italy. Ecco perché – sostiene Biloni, noto ricercatore e a agronomo – è giunto il momento di superare steccati atavici. La risaia in questi giorni di inizio autunno è un tappeto dorato, promette bene, non ha soluzione di continuità. Assurdo pensare a delimitazioni amministrative o barriere che interrompono una via di promozione. Si pensa già alla nuova denominazione: Strada del riso piemontese di qualità. E alcune aziende novaresi sono pronte all’adesione, aggiungendosi a quelle vercellesi da anni in vetrina. Il via libera è arrivato proprio da Lucedio, luogo carico di storia. Dai monaci cistercensi arrivati dalla Borgogna nel XII secolo ai giorni nostri di strada ne è stata percorsa. Oggi i terreni, circa 500 ettari, sono di proprietà del casato che fa capo al conte Paolo Salvadori, il quale ha trasformato il tenimento in un’azienda modello. Vi si producono varietà d’eccellenza apprezzate in tutto il mondo e dal mondo arrivano ogni anno circa 10 mila visitatori per scoprire i segreti di una coltivazione unica. Ecco un esempio di che cosa può produrre una Strada del riso.
You must be logged in to post a comment Login