Più che un invito, un appello: “Tenete il riso nei magazzini, non vendete”. E’ il messaggio esplicito rivolto da Confagricoltura di Vercelli e Biella, di Novara, di Alessandria e Cia per le province di Novara, Vercelli e Pavia, nel tentativo di arginare il crollo del prezzo del riso alla fonte, che ha raggiunto valori al di sotto dei costi di produzione. L’attuale squilibrio tra domanda e offerta ha comportato un’inevitabilmente svalutazione del prezzo del prodotto tipico del territorio, dinamica che proseguirà se gli agricoltori continueranno a svendere il risone in questo momento e a queste condizioni. Le organizzazioni ritengono che agli attuali prezzi può risultare conveniente ricorrere allo stoccaggio in azienda o eventualmente presso terzi. Le recenti quotazioni: vedono i lunghi B a 43 €/q lordi, il Carnaroli a 83 €/q lordi; i suoi similari, Roma, Arborio e similari tra 72 €/q e 75 €/q lordi; i tondi tra i 35 e i 40 €/q lordi. Benedetto Coppo, Giovanni Chiò, Manrico Brustia, rispettivamente presidenti di Confagricoltura Vercelli e Novara e presidente del gruppo riso Cia, ricordano che la crisi è stata indotta dalla riduzione della domanda da parte dell’industria coincisa con l’aumento dell’offerta registrata dalle aziende agricole per liberare silos e magazzini dal risone in vista del prossimo raccolto; si sono così prodotte eccedenze di risone nelle aziende agricole.
Considerato il sensibile aumento dei costi di produzione, lo squilibrio tra domanda e offerta ha creato una situazione di prezzo inadeguato per gli agricoltori.
“È necessario dare un segnale forte al mercato – sostengono i rappresentanti delle organizzazioni agricole – a questi prezzi non è possibile produrre risone, terminiamo una campagna di commercializzazione in netta perdita,con il rischio che l’avvio della prossima non potrà che essere economicamente negativo”.
Anche alla luce dei dati provvisori di semina 2023, con una riduzione delle superfici a riso di circa 8.000/10.000 ettari, con uno spostamento a sfavore dei tondi – che sostanzialmente oggi rappresentano l’eccedenza ancora invenduta – e in relazione anche alla ridotta superficie seminata a riso in altri stati europei, l’indicazione che Confagricoltura e Cia rivolgono ai soci è di non forzare le vendite, di non svendere le partite ancora in magazzino valutando la possibilità di immagazzinarle temporaneamente in azienda o avvalendosi di siti di stoccaggio esterni.
A tutt’oggi nei magazzini dei risicoltori giacciono ancora 220 mila tonnellate di risone, contro le 141 mila alla stesa data dello scorso anno. All’aumento dei consumi è subentrato negli ultimi mesi un crollo (-35% circa) dovuto anche all’incremento dei costi sullo scaffale, innescato da una spirale di crescita delle quotzioni alla base (sino a 150 euro il quintale per il Carnaroli).
Per protesta lunedì scorso gli agricoltori di Coldiretti hanno abbandonato la sede della borsa del listino prezzi del riso e dei cereali di Piazza Martiri a Novara. Il presidente di Coldiretti Novara-Vco Fabio Tofi e il direttore Luciano Salvadori : “E’ intollerabile presenziare senza possibilità di reazione rispetto a chi consente ribassi improponibili e che poi critica la nostra scelta. Finora le motivazioni dei produttori sono state inascoltate e non vogliamo prestarci a questo gioco in cui i nostri associati debbano subire pesanti ingiustizie: questo calo è ingiustificato perché non rappresenta la fotografia reale di un mercato nel quale la mancanza di operazioni di scambio significative sono tali da non poter determinare tali variazioni al ribasso dei prezzi. Offerte e domanda sono ridotte ai minimi termini. Questi cali sono quindi immotivati e frutto di speculazione e strumentalizzazione: Il valore del riso non può essere solamente teorico, ma deve rispettare dei reali parametri dettati dalle leggi di mercato”.
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