Il sogno, l’orto e la cucina di Giovanni nato a Betlemme

di Gianfranco Quaglia

Un sogno, un orto, una cucina e e un ristorante. Questa, in sintesi, la storia di Giovanni nato a Betlemme nel 1984, padre italiano e mamma israeliana, nonno ortolano a Gerico. Uno così, da grande, dovrebbe dedicarsi a studi biblici, oppure al sacerdozio o all’impegno in una Ong. Giovanni Ruggieri, quando a cinque anni lasciò Israele non immaginava nulla di tutto ciò. E neppure che un giorno del 2021 sarebbe approdato a Novara, alla cooperativa Gerico. Strana coincidenza della vita, ma il futuro era predestinato. Segni e sogni che si ricompongono attorno a un orto di via Ansaldi nella città piemontese, dove ha scelto di vivere con la compagna dopo un lungo girovagare in ristoranti stellati italiani e stranieri. Ha inventato un “brand”, un ristorante chiamato “L’orto in cucina”.

Giovanni di Betlemme vanta un’origine evocativa e impegnativa, stemperata nel tempo da tappe che hanno spinto la famiglia a lasciare Israele per trasferirsi in Italia. Il padre lavorava per i Salesiani. Poi scoppiò l’Intifada, la sollevazione palestinese di massa contro il dominio israeliano che iniziò nel campo profughi di Jabaliya nel 1987 e a poco a poco si estese attraverso Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est. Quotidianità difficile e pericolosa, i Ruggieri optano per l’Italia e i stabiliscono a Sillavengo, in provincia di Novara. Giovanni, che ancora oggi sa parlare l’arabo, oltre a italiano, francese, tedesco, inglese, cresce e frequenta l’istituto alberghiero di Novara. E’ giovanissmo quando comincia a muovere i primi passi nelle cucine dei ristoranti: la passione lo porta ad essere richiesto dagli chef. Lui non si tira mai indietro. Sono gli anni più formativi. Il suo curriculum elenca ristoranti a Varese, al “Duomo” di Alba (dove ha una straordinaria esperienza accanto allo chef pluristellato Enrico Crippa da cui apprende segreti che gli torneranno utili quando deciderà di mettersi in proprio), al “Refettorio Semplicitas” di Milano Brera. A Lugano è ancora famoso il suo fritto di paranza lanciato in un ristorante alla moda del centro, “Icthys”, con uno stile e una cucina che richiamano il mare. Nel 2013, a 29 anni, è tra i migliori dieci chef  del Fuorisalone e nello stesso anno vince il premio Identità Golose. La promessa è già una realtà affermata. Con De Agostini pubblicherà “Il sommelier della birra”, tradotto in cinque lingue, poi collabora con “La Cucina Italiana”. Insomma, il volo è stato spiccato ed è pronto per competere con le grandi firme della cucina, ha già oltrepassato la soglia. 

Ma a questo punto sulla strada spianata avviene uno di quegli incontri che ti cambiano la vita, fanno riflettere anche uno come Giovanni che, malgrado il successo, ha mantenuto i piedi per terra. Anzi, in quell’orto che il nonno gli ha insegnato a coltivare sin da piccolo. Sono le persone a fare la differenza, la solidità di un’idea che ti portano a ripensare il cammino intrapreso. Don Dino Campiotti, il sacerdote novarese che ha fatto del riscatto degli umili l’ologramma della sua esistenza, gli lancia una proposta: “Vieni da noi!”. E con Dino anche Pierluigi Migliavcca, direttore della cooperativa  Gerico, impegnata in un progetto di housing, una sartoria sociale e un orto nelle serre. Difficile resistere al richiamo di due persone che hanno sempre creduto in ciò che hanno fatto pe gli altri e non si sono mai arresi alle difficoltà e alle indifferenze.

Quel nome, Gerico, lo colpisce. Ecco, il cerchio sembra chiudersi, forse è l’occasione che il giovane chef (dopo vent’anni di lavoro e aggiornamento professionale di alto livello) attendeva per dare una svolta: ritmi meno stressanti ai fornelli, un nuovo ristorante tutto suo, fulcro attorno al quale far ruotare una proposta più ampia. Un centro di incontro che stimoli anche dialoghi culturali, convegni, presentazioni ecc. 

Il ragazzo di Betlemme accetta, perché l’idea dell’orto lo affascina. Come se dovesse rinascere e ripercorrere, forte di esperienza e professionalità, il tempo impiegato a imparare. Così, nel quartiere della Bicocca, che ricorda quella “Fatal Novara” risorgimentale, Giovanni Ruggieri diventa riferimento cultural-gastronomico di un polo di cooperazione sociale. E’ l’ex casa che una grande donna passata alla storia, Rina Musso, negli anni Cinquanta aprì per aiutare a reinserirsi chi usciva dal carcere. 

Oggi Giovanni propone piatti semplici , realizzati con un tocco stellato. Innovazione e tradizione, legando il menù alle primizie fdi stagione coltivati nell’orto che è lì, oltre la vetrata, quasi a ricordargli ogni giorno da dove è venuto.

 

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