Arsenico & company? Il riso italiano è sicuro e fra i più indenni

di Gianfranco Quaglia

In un anno terribile come il 2020, segnato dalla pandemia, la notizia arrivata dal Regno Unito è passata sotto traccia: l’arsenico contenuto nel riso, anche a piccole dosi, sarebbe alla base ogni anno di migliaia di morti. L’affermazione sarebbe frutto di uno studio condotto dall’Università di Manchester in collaborazione con quella di Salford, esplorando la relazione con il consumo del cereale in regioni quali l’Inghilterra e il Galles e l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Fake news o verità, in altre situazioni quell’allarme avrebbe avuto l’effetto di una bomba. In realtà delle conseguenze dei residui di metalli nel terreno e nel chicco di riso si parla da anni e mai come in questi ultimi caratterizzati dall’attenzione dei consumatori nei confronti della salute e della nutrizione. Ed è per questo che la ricerca made in Italy, paese leader europeo per la produzione del cereale, è in prima linea per scrivere punti fermi nel dibattito. Il Centro ricerche dell’Ente Nazionale Risi segue da tempo il problema, sia in laboratorio sia in campo, con confronti e prove scientifiche. I risultati più recenti sono stati presentati durante un “webinar” in cui Mario Casali (laboratorio chimico merceologico) ha parlato dei residui di metalli (arsenico, cadmio, piombo). Ebbene, la maggior parte dei valori riscontrati è inferiore ai parametri. Per quanto riguarda l’arsenico inorganico il 76% dei campioni esaminati è sotto lo 0,100, anche per il cadmio su 149 campioni il 70% è inferiore ai limiti consentiti. Diversamente – sottolinea la ricerca – risi provenienti da altri paesi (ad esempio il Bangladesh) contengono alte concentrazioni di metalli. Considerazione, quest’ultima, che fa insorgere anche un dubbio: gran parte del riso consumato nel Regno Unito è di provenienza asiatica, quindi potenzialmente più contaminato. In Europa si sta combattendo una dura battaglia politico-legale sui metalli nei cereali. Pekka Pesonen, segretario generale di Copa-Cogeca, del cui gruppo riso è presidente l’italiano Giuseppe Ferraris, ha scritto una lettera a Bruno Gautrais, direttore generale for Health and Food Safety in merito all’imminente decisione della Commissione di abbassare il residuo massimo del livello per il cadmio nel riso. La proposta di ridurre da 0,20 mg/Kg a 0,15 mg potrebbe compromettere la sostenibilità e la competitività del settore europeo, aprendo di fatto le porte a cereale straniero di dubbia provenienza e sicurezza.

 

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