di Enrico Villa
Il raccolto di quest’anno del riso è stato sacrificato al 18% al brusone. Con questo esordio, a Vercelli, il professor Gilberto Corbellini ordinario di storia della medicina e della neurologia alla Sapienza di Roma incomincia il suo intervento nel convegno Cibo e cervello, alimenti, gusto e neuroni. Rispetto a Carlo Petrini fondatore di Slow Food, la Coldiretti, parte degli ambientalisti, quasi tutte le amministrazioni regionali italiane e lo stesso Ministero delle Politiche Agricole, il professor Corbellini è dall’altra parte della barricata, in buona parte mediatica. Un po’ lo è anche il dottor Pier Giorgio Fossale, presidente dell’Ordine dei medici di Vercelli e organizzatore del convegno con le relazioni di sette scienziati luminari del mondo universitario del nostro paese: Michele Di Francesco, Edoardo Boncinelli, Raffaella Rumiati, Gloria Origgi, appunto Corbellini, e Andrea Moro.
Corbellini, prescindendo dalle ultime polemiche roventi sugli organismi geneticamente modificati, ma precisando di essere sempre disposto a confrontarsi con quanti sostengono tesi diverse e, dal suo punto di vista, dando spiegazioni scientificamente corroborate, ha scelto a Vercelli di sviluppare questo tema: Ogm e libertà: una difesa neuro evolutiva dell’innovazione biotecnologica in agricoltura. E nella presentazione del relatore, Per Giorgio Fossale si limita ad osservare: scientificamente è corretto non tenere conto delle ideologie bensì della realtà oggettiva. Intorno a questo atteggiamento stanno ruotando i pro e i contro sugli Ogm. Portando acqua alla ricerca internazionale e alle multinazionali che la finanziano con successo, da una parte si asserisce che la modifica genetica dei vegetali da produzione li rende più resistenti abbattendo il ricorso ai pesticidi e agli inquinanti in genere. Infatti, come l’ordinario di storia della medicina alla Sapienza ha richiamato l’evoluzione durata diecimila anni, con le tecniche degli Ogm ha ridotto a pochi anni le modifiche e gli assestamenti evolutivi propri della Natura. Dall’altra si sostiene che la forzatura di questi stessi processi della Natura generano vegetali che fanno male al genere umano che se ne nutre, provocando mostri biologici, tuttavia non provati dalla scienza. A proposito di Ogm e del lavoro scientifico Gilberto Corbellini, di origini piacentine, è autore di due libri eloquenti. Nel 2000 ha scritto che gli Ogm non sono Frankestein ma che hanno la possibilità di sfamare tutti con l’aumento delle produzioni sulla Terra. E poi con un volume più recente ha dimostrato che gli scienziati non sono come Stranamore; quindi, per nulla pericolosi se si attengono al metodo scientifico delle sistematiche verifiche, valutando le prove in contrario.
Ma in riferimento al brusone, perché professor Corbellini lo ha citato nella sua più ampia trattazione inserita sul convegno Cibo e Cervello, dedicato al modo di nutrirsi per vivere, al sapore e al linguaggio che governato dal Cervello categorizza i cibi nel bene e nel male?
“Perché – è in sostanza la risposta – in una coltura di importanza mondiale per la nutrizione umana i danni arrecati dal brusone sono consistenti. E perché in base agli Ogm, prova di libertà intellettuale fondata sulla oggettività e scevra dai pregiudizi ideologici, sono in corso ricerche e prove. Le modifiche genetiche dovrebbero portare a pianticine capaci di sottrarsi alle aggressioni che provocano il brusone, eliminando, appunto, la falcidie al 18% come quest’anno”. Non solo, è un’altra osservazione di Gilberto Corbellini che riguarda i fattori di inquinamento provocati dai fitofarmaci. Negli Stati Uniti le acque delle aree agricole dove si coltivano Ogm, sottoposte a periodici esami sono risultate più pulite. Vale a dire, libere da inquinanti che in Europa per il loro uso massiccio determinerebbero per la popolazioni patologie inquietanti. In attesa che la scienza e la ricerca forniscano la controprova di varietà effettivamente resistenti alla piaga del Brusone, si può stare certi: schieramenti pro e contro gli Ogm non rinunceranno ai loro atteggiamenti di condanna o di speranza per una agricoltura più moderna.
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