Cambiamenti climatici, pesticidi, alluvione, furti, difficoltà di mercato dovuta alla pandemia sanitaria e alla concorrenza sleale. Quanto basta per definire il 2020 “Annus horribilis” per il settore apistico in Italia. Ovviamente anche in Piemonte, una delle regioni con il maggior numero di apicoltori. Se ne è parlato durante il convegno organizzato da Aspromiele, che questa volta è stato tenuto in streaming con i saluti del sindaco di Oleggio (NO), Andrea Baldassini, cede ogni anno dell’appuntamento. L’intervento, non solo formale, per dire che proprio nella sua città si è dato vita a un progetto che prevede la piantumazione di 200 tigli e un terreno per le essenze fiorite. Un contributo al settore, funestato da problemi che proprio nel 2020 hanno falcidiato la produzione. Lo ha ricordato Lidia Agnello, presidente di Aspromiele, parlando non solo dei danni causati dall’alluvione: “Abbiamo una serie di contenziosi: dalla potenzialità dei pascoli ai contrasti con le altre attività produttive in agricoltura. Siamo costretti a un nomadismo di fuga e molti dei nostri allevatori spesso subiscono un nomadismo di fuga per evitare gli effetti dei trattamenti fitosanitari che impattano direttamente sulle api”. La difesa dagli avvelenamenti è uno dei principali motivi che inducono gli apicoltori a chiedere interventi alla politica, accanto a iniziative che Aspromiele sta portando avanti. Come il progetto del biomonitoraggio ambientale, illustrato da Marco Bergero: centraline-sentinelle installate in diverse zone del Piemonte.
Le tematiche ambientali sono centrali nel dibattito. Francesco Panella di Novi Ligure, apicoltore storico e leader del settore, ha lanciato un’accusa senza troppi giri di parole: “L’Italia è campione europeo nell’uso di pesticidi, un chilogrammo pro capite, e sesto paese mondiale. Insomma, a dispetto di tanti buoni propositi ed enunciazioni, la nostra agricoltura utilizza il 60% in più di pesticidi rispetto agli altri: 160 mila tonnellate ufficiali e altre 10 mila illegali. Abbiamo perso i tre quarti degli insetti volanti. Anche se a Bruxelles non ci ascoltano molto, noi apicoltori abbiamo il dovere di farci sentire, creare un dibattito e una coscienza pubblica”.
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