di Gianfranco Quaglia
“Ho la consapevolezza di aver contribuito a tenere alto il morale e l’umore della gente in una fase fasi difficilissima: il confinamento dovuto al Coronavirus. E l’ho fatto con tanto piacere, prima in cucina, poi portando il cibo a casa”. Adesso se ne stiamo uscendo (non ancora per i ristoranti) Gianpiero Cravero, chef del riso per eccellenza, traccia un bilancio di questa lunga e intensa esperienza . E ne trae spunti per nuovi traguardi.
Lo chef di Caltignaga, titolare di Osteria Contemporanea” e del “Convivium” di Novara, non si è arreso alla pandemia. Anzi, non si è fermato un solo giorno. Si è reinventato , come tanti altri suoi colleghi. “Dare piacere alla gente – dice – è una delle più grandi soddisfazioni. Ma il delivery, cioè il cibo a domicilio, per me non era una novità assoluta. Lo praticavo già negli anni ’90, quando alcune famiglie di Novara mi chiedevano di portare o preparare menù per loro ospiti esclusivi o particolari ricorrenze. In questi mesi è stato come riaprire un libro già iniziato, e continuarlo. Con il delivery, assicurato anche grazie all’aiuto di tutta la famiglia (moglie e figli), sono riuscito a evitare il crollo economico che sarebbe sicuramente derivato da una inattività forzata. E ho riscoperto il piacere di dedicarmi ancora di più ai fornelli, reinventare antiche ricette, dare spazio alla fantasia culinaria. E’ stata apprezzata e me ne sono accorto dal numero delle prenotazioni, sempre sostenuto. Abbiamo attraversato anche weekend che in periodi normali avrebbero portato una vasta clientela nei locali, come Pasqua e il ponte del Primo Maggio. Ebbene, ho cercato di sopperire con il delivery e devo dire che è stato un successo”.
E per il dopo? “Se la tendenza è quella di riaprire ai primi di giugno i ristoranti, penso proprio che continueremo con il delivery. Ma anche quando ci sarà la piena ripartenza il servizio a domicilio alla clientela affezionata resterà. Insomma, questi mesi hanno aperto nuovi orizzonti”.
La carta-delivery di Gianpiero Cravero ha spaziato dalle proposte locali sino ai menù di pesce di mare. Ma ora vuole tentare il recupero di tradizioni molto tipiche del territorio, come il riso che nel Novarese è declinato attraverso la “paniscia”, piatto non semplice da recapitare a casa, se si considera che la preparazione è complessa, così come alto il rischio di una collosità durante il tragitto dal ristorante alle abitazioni. Lo chef si sta lanciando in una nuova sfida, che consiste in una ricetta in parte eseguita nella cucina del ristorante, affidata poi alla conclusione del cliente. Il segreto? Non lo svela, lo lascia immaginare. Sarà il “risotto-paniscia” in due tempi: in una busta di plastica un preparato di verdure, in un’altra il riso Carnaroli tostato con cipolla e burro, pezzetti di salame della duja, sfumato con vino rosso. Il tutto si verserà in un padellino con un bicchiere d’acqua e si mescola. Poiché il riso è precotto, i tempi per portare in tavola non supereranno i cinque minuti.
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