Un accordo storico, atteso da anni, quello firmato a Pechino per il riso italiano. Il protocollo fra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, rappresentato dall’ambasciatore italiano in Cina, Luca Ferrari, e l’amministrazione generale delle dogane della Repubblica popolare cinese, consentirà l’esportazione in Cina del riso da risotto.
Un’intesa che è andata avanti per anni, inseguita da Ente nazionale Risi, con il coinvolgimento del servizio fitosanitario nazionale, in prima fila Airi (Associazione industrie risiere italiane) con il presidente Mario Preve. “Un accordo rilevante cui tenevamo in modo particolare – sottolinea la ministra Teresa Bellanova – che stabilisce i requisiti fitosanitari da soddisfare per esportare riso da risotto e consente, di fatto, l’apertura di questo importantissimo mercato per un prodotto di punta della nostra agricoltura”.
Con le oltre 200 varietà iscritte al registro nazionale, ognuna con le proprie peculiarità, l’Italia è leader del settore nell’Unione europea, assicurando oltre il 50% della produzione di riso europeo. Il riso italiano si distingue da quello coltivato nel resto del mondo grazie a varietà tipiche e apprezzatissime come il Carnaroli, l’Arborio, il Vialone Nano, il S. Andrea e il Baldo. Produzioni di eccellenza, valorizzate anche grazie ai marchi DOP e IGP. Tutte varietà appartenenti al gruppo “Japonica”, finalizzate ai risotti.
L’apertura a questo nuovo mercato rappresenta prospettive interessanti per la nostra produzione che cerca nuovi sbocchi e ora deve conquistare i cinesi non ancora abituati al risotto made in Italy.
Il presidente di Ente nazionale Risi, Paolo Carrà sottolinea l’importanza dell’accordo tanto atteso su un mercato oggi di primaria importanza per il settore agroalimentare italiano e anche per il riso di qualità: “L’Ente Risi, dall’origine del dossier, ha contribuito, attraverso il proprio Centro Ricerche sul Riso, al superamento delle problematiche fitopatologiche evidenziate dalla delegazione cinese durante le visite in Italia. Si tratta di un successo che vede le istituzioni e la filiera risicola nazionale unite non solo in azioni di difesa del riso italiano, ma anche in azioni di attacco alla conquista di nuove quote di mercato.”
Soddisfatto il mondo industriale della trasformazione. Roberto Carriere, direttore generale di Airi, ricorda il lungo iter seguito e gli ostacoli superati: “In una fase così dificile per l’Italia e non solo, la firma del protocolo rappresenta una luce e una speranza per il futuro. L’accordo arriva nel primo anniversario della firma, avvenuta nella primavera 2019, che sanciva la cosiddetta Via della Seta tra Italia e Cina. Considerando questa fase delicata, il protocollo non potrà essere immediatamente operativo. Dovremo attendere qualche mese per l’arrivo degli oepratori cinesi che prenderanno contatti direttamente con le nostre industrie e le visiteranno. Poi il protocollo potrà essere operativo”.
Mario Preve, presidente Airi: “la firma del protocollo in questo momento assume grande valore sia perché giunge nonostante il periodo drammatico che stiamo vivendo sia perché apre alla opportunità commerciale per l’Italia di esportare le proprie varietà tipiche nel paese più popoloso del mondo”. E’ il compimento di un percorso durato nove anni, fortemente voluto dall’allora presidente di Airi, Mario Preve, e tenacemente perseguito dall’attuale presidente Mario Francese, grazie alle trattative e negoziati del nostro ministero per le Politiche Agricole e delle nostre rappresentanze diplomatiche, con il contributo tecnico di Ente Nazionale Risi. “E’ bene sottolineare che la firma del protocollo – prosegue Francese – non permetterà di vendere subito il nostro riso. L vendita avrà inizio dopo che una delegazione di funzionari cinesi al termine dell’emergenza sanitaria, verificherà con un sopralluogo in Italia il rispetto del protocollo. Siamo grati ai ministri Martina e Centinaio e alla ministra Bellanova, che tenendo fede alle promesse fatte nel novembre scorso, avrebbe dovuto partire il 3 febbraio alla volta di Pechino per firmare il protocollo, quando le prime limitazioni dei voli per il diffondersi dell’epidemia coronavirus la costrinsero a sospendere la missione. La successiva evoluzione drammatica non lasciava sperare in una soluzione a breve. Invece, grazie all’attenzione dei ministri Di Maio e Bellanova, il nostro ambasciatore a Pechino, grazie anche al clima di collaborazione tra i due paesi a seguito degli accordi siglati un anno fa tra Conte e Xi Jinping per la nuova via della seta è riuscito a convincere l’amministrazione delle dogane cinesi a siglare l’accordo, che non è semplicemente commerciale. Riuscire a esportare riso in un Paese dove il termine riso è sinonimo di cibo ci deve inorgoglire come nazione. E’ la metafora dei <paesi che in questo momento difficile scelgono la via della cooperazione guardando avanti”.
“Per l’Italia, primo produttore europeo di riso e leader nella produzione di ecellenza, si apre un mercato importante, con 50 milioni di cinesi pronti ad apprezzare il nostro risotto – afferma Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. -Si tratta di una buona notizia pe ri nostri risicoltori,che continuano subire le improtazioni agevolate, in particolare dal Myanmar per la qualità japonica. Una volta superato il coronavirus potremo mettere a frutto il lavoro svolto con le autorità cinesi per aprire un ulteriore dialogo con un altro mercato importante, quale l’India”.
You must be logged in to post a comment Login