di Gianfranco Quaglia
Riso tipo tondo e da risotto. E’ quanto chiede l’industria agi agricoltori che si accingono a programmare le semine. Mario Francese, presidente Airi (Associazione industrie risiere italiane) lo ribadisce anche alla luce delle indicazioni emerse dal sondaggio Ente Nazionale Risi svolto fra le aziende risicole. “Ci auguriamo che i produttori si ravvedano, noi siamo fiduciosi e sereni. Ce lo chiede il mercato”. A fronte di una risposta, benché parziale, ma indicativa (5 mila ettari in più rispetto ai 22 mila richiesti) Francese è esplicito: “Confidiamo in un ravvedimento, che l’agricoltore riveda le sue scelte”. Il presidente delle industrie di trasformazione traccia un bilancio dell’associazione e del settore, con il direttore generale Roberto Carriere affiancato dal nuovo assistente Pietro Milani. Nel dettaglio: il fabbisogno – secondo l’industria – sarebbe di 63 mila ha (nel 2019 53.945); con incrementi per Selenio, Centauro, Lido, Padano, Loto, Ariete e similari, Baldo, S. Andrea, Roma, Carnaroli. Totale riso per risotti: 60.000 ettari contro i 56 mila dello scorso anno. Lungo B: da 52 mila a 58 mila. Complessivo: la superficie passerebbe da 220.029 a 242.500. “L’analisi – dice Francese – è partita dalle superfici coltivate a riso nelle ultime sei campagne; successivamente si sono valutati i quantitativi di risone ritirato dalle industrie negli ultimi 5 anni, che rappresentano quanto effettivamente è stato collocato al netto delle scorte di inizio e fine campagna. Questo ha permesso di considerare i trend di consumo e di prevedere il relativo fabbisogno futuro”.
Sul fronte dei mercati il presidente Airi sottolinea gli effetti positivi derivanti dall’applicazione della clausola di salvaguardia che ha ripristinato i dazi all’import di Cambogia e Myanmar: “Sta perseguendo l’obiettivo di riequilibrare il settore. Ebbene, nei primi cinque mesi di questa campagna di commercializzazione (settembre 2019-gennaio 2020) le importazioni di riso Indica da questi Paesi segnano un drastico decremento del 64%, da 161 mila ettari a 58 mila. Da evidenziare che in Italia è stato importato solo il 3% dell’intero quantitativo. La mancata estensione della clausola anche alle varietà “non Indica” ha però aperto una possibilità di importare risi non coincidenti con la classifica comunitaria di lungo B ma al tempo stesso non alternativi alle nostre varietà tradizionali. Esempio? Il Myanmar ha esportato nell’Ue lo Japonica, facendo registrare un +262%: una crescita che deve essere attentamente monitorata e per cui occorrerà intervenire con gli strumenti di salvaguardia nel momento in cui si profili una possibile un possibile danno per il prodotto comunitario. Entro il 2020 potrebbe arrivare ad applicazione la concessione al Vietnam che prevede l’importazione a dazio zero di 80 mila tonnellate (di cui l’equivalente di 20.000 tonnellate di lavorato in semigreggio, 30.000 in lavorato e altre 30.000 in lavorato aromatico (fragrant). E’ stato anche raggiunto l’accordo con il Mercosur che prevede l’import in Ue a dazio zero di una quota di 10.000 t. Altri negoziati sono in stand by, quali l’India, la Thailandia e l’Australia”.
Uno sguardo alla Brexit. “Può determinare conseguenze importanti rischiando di pregiudicare parte del nostro export. Attualmente verso il Regno Unito l’Italia esporta 70 mila tonnellate”.
Ma non tutto è negativo. All’orizzonte c’è sempre la Cina. Manca solo la firma del protocollo che dovrà aprire alle esportazioni del nostro riso. La missione era già stata programmata per il 3 febbraio, la ministra Bellanova era in partenza, quando è subentrata l’emergenza coronavirus che ha costretto a un rinvio. “Ma noi confidiamo che entro fine anno o al massimo l’inizio del prossimo possiamo arrivare al traguardo. Puntiamo su un target di circa 50 milioni di persone di alta disponibilità finanziaria che sceglie i prodotti di eccellenza e tra questi potrebbe esserci il nostro risotto. Dalla Cina al Sudamerica: quando l’accordo con il Mercosur diverrà operativo il riso da noi esportato verso quei Paesi godrà di dazio zero senza limiti quantitativi. Questo migliorerà la nostra capacità di esportazione anche se il dazio oggi applicato è solo del 12%. Anche l’India, come la Cina, può rappresentare un interessante mercato per il nostro riso da risotto, oggi penalizzato da un dazio sul valore del 70%”.
Francese è ottimista anche su un altro aspetto: l’attuale andamento di mercato. “Abbiamo ancora 850 mila tonnellate da collocare, ma c’è tutto il tempo per vendere a buone condizioni. Anche per quanto riguarda il lungo B direi agli agricoltori di guardare al mercato con serenità: siamo in una fase di riflessione, ma stante la clausola di salvaguardia, prima o poi l’industria ac
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