di Gianfranco Quaglia
Aveva tre passioni il professore Carlo Garavaglia. Le coltivava tutti con un amore sviscerato: la famiglia; la politica intesa come impegno e servizio alla comunità; l’agricoltura. Quest’ultima insegnata sui banchi di scuola, all’Istituto agrario Bonfantini di Novara dov’era stato docente, poi approfondita nel vigneto che accudiva con le sue mani. Se n’è andato a 76 anni nella sua abitazione di Trecate, senza clamori, com’è stata tutta la sua vita di docente, uomo, marito, padre di cinque figli.
Ero stato prescelto (e gratificato) fra i testimoni delle sue riflessioni quotidiane, che comunicava con discrezione via Whatsapp. L’ultimo messaggio pochi giorni fa: riproduce l’omelia pronunciata da Papa Francesco ai primi di ottobre, con invito a diffonderla: “Puoi avere difetti, essere ansioso e perfino essere arabbiato, ma non dimenticare che la tua vita è la più grande impresa del mondo. Solo tu puoi impedirne il fallimento…essere felici significa trovare la forza nel perdono, la speranza nelle battaglie, la sicureza nella fede della paura, l’amore nella discordia. La felicità non è solo godersi il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza…”.
Ecco, lui era così, in famiglia, a scuola, nell’amministrazione comunale della sua Trecate, prima nelle file della Dc, poi alla guida di una lista civica, come consigliere e assessore. Amava i giovani e li incoraggiava a impegnarsi e spendersi per gli altri, come faceva lui. A scuola sapeva coinvolgere gli allievi e li stimolava. Così nella vita associativa della sua città, dalla quale era partito giovanissmo per un viaggio nell’Africa degli ultimi. Ne era tornato ancora più convinto che occorreva mai risparmiarsi, andare oltre steccati e stereotipi. Era propulsore di molte iniziative, animatore del premio letteraraio Mario Zanaria tra i fiori all’occhiello della cultura trecatese.
Lo slancio per gli altri era forte come l’amore per la sua terra, quella che circonda Trecate, fatta di risaie, prati, alberi. Qui aveva messo radici, allevato con la moglie Miriam (storica maestra elementare) i cinque figli: Mariagrazia, Anna Maria, Carlo Maria, Marco e Chiara. La famiglia negli anni era diventata ancora più grande, numerosa, e lui, Carlo, amava comunicarla con orgoglio, accompagnando la foto con una didascalia: “Un sereno e Santo Natale da tutta la tribù”. E con altrettanta soddisfazione di padre ci informava dei progressi professionali ottenuti da uno dei figli, Marco, medico noto in Canada dove presta servizio anche come docente universitario. Oppure ci scriveva del genero Gianmario che in mondovisione aveva diretto l’inno di Mameli alla partenza del gran Premio F1 a Monza. Ma poteva essere anche la foto di un cicliegio in fiore, con la scritta: “Il dono della bellezza nella mia vigna”.
Questo era Carlo Garavaglia, che sapeva stupirsi ogni giorno e stupire gli altri. Lo vogliamo ricordare con questa immagine natalizia (lui in maglione chiaro accanto ai suoi cari) per restituire e trasmettere a noi tutti il senso della famiglia. So che gli sarebbe piaciuto.
You must be logged in to post a comment Login