Se brucia la foresta rivediamo i patti anche per il riso

di Gianfranco Quaglia

L’Amazzonia brucia, il riso italiano potrebbe avere ricadute positive. Scritta così, questa affermazione sembrerebbe una delle tante fake news estive che popolano il web. In realtà è frutto di un ragionamento che parte da lontano, dallo scontro verbale a distanza tra Jair Bolsonaro e Macron: l’Eliseo ha accusato il presidente del Brasile di aver disatteso gli impegni sul fronte ambientale, anzi di aver raccontato bugie e per questo Macron ha aggiunto che la Francia non aderirà all’accordo che l’Ue ha raggiunto con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay). Un negoziato concluso da pochi mesi e che prevede, tra l’altro, l’eliminazione totale dei dazi e l’esportazione verso l’Ue di 60 mila tonnellate di riso. La maggior parte del cereale che beneficerà dell’esenzione è appunto coltivato in Brasile. Su questo punto erano intervenuti con forza il Governo italiano e il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà, preoccupati del fatto che quel riso sudamericano potrebbe ulteriormente aggravere la fragile condizione sui mercati europei, dove esiste già un traffico di importazione dal Mercosur pari a 100 mila tonnellate annue.

Mentre sul web spopola l’hashtag #PrayforAmazones, in difesa di quelle foreste che garantiscono il 20 per cento di tutto l’ossigeno al Pianeta Terra, la mossa di Macron – se fosse seguita – potrebbe rimettere in discussione la conclusione di quei negoziati. L’ oltraggio all’ambiente, patrimonio di tutti, è pari alla violazione dei diritti umani. E a proposito di questi, va sottolineato come siano stati dirimenti alcuni mesi fa quando l’Unione Europea è tornata sui suoi passi cancellando temporaneamente l’accordo che concedeva a Cambogia e Myanmar l’esportazione a dazio zero di contingenti di riso in Europa. La lunga battaglia condotta dall’Italia era sfociata nel ripristino delle tariffe e nell’appliczione della clausola di salvaguardia, proprio perché i diritti umani in quei Paesi considerati meno avanzati non erano stati rispettati: basti pensare al massacro che il governo birmano ha operato nei confronti dei Rohingya, minoranza sfruttata e sottoposta a genocidio.

Ora, se la catastrofe in Amazzonia non sarà circoscritta alle sue reali responsabilità lontane da possibili collusioni, è evidente che l’Europa potrebbe o dovrebbe prendere posizione anche per quanto riguarda accordi già definiti.

 

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