Narrazione del cibo, storytelling, evangelism marketing, social influencer. Ancora: etichettatura, tracciabilità, semaforo rosso. Blockchain per registrare passo dopo passo l’evoluzione e il percorso di un prodotto, dalla semina alla tavola. Il tutto a garanzia del consumatore, sempre più attento, influenzato, ma anche consapevole. Il concetto della consapevolezza e di un’agricoltura sostenibile è entrato a far parte non solo dell’anello terminale della filiera agroalimentare, appunto il fruitore in tavola, ma anche di chi produce. L’agricoltore ha compreso che non basta vendere un prodotto sano, genuino, etichettato. Il “brand” ha anche bisogno di essere promosso, vestito di un racconto. Un esempio recente lo abbiamo visto in una località balneare della Liguria, dove tre volte la settimana il mercatino dei produttori incontra i villeggianti e nel cuore dell’estate anche molti stranieri. Sulla bancarella di un imprenditore, in mezzo a primizie dell’orto, ecco le uova prodotte nella stessa azienda. Alla garanzia implicita della genuinità , l’agricoltore ha voluto aggiungere anche una scritta su un cartello, molto esplicita: “Uova di galline che razzolano nell’aia tutto il giorno e tornano nel pollaio la sera”. Ecco il racconto, la narrazione che regala la suggestione di una genuinità e di una storia, oggi privilegio diretto di pochi. Ma bastano quelle parole per regalare l’immagine, il valore aggiunto che fanno di quelle uova un cibo prezioso, proprio perché raccontato, vissuto in un cortile, sull’aia, nel pollaio. Simboli e situazioni di un mondo quasi perduto, difeso soltanto da qualche pattuglia di resistenti.
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