Non c’è pace per il riso italiano. In questa calda estate si combatte su più fronti: nelle aule di giustizia del Tribunale europeo per contrastare il ricorso che la Cambogia ha deciso di inoltrare avverso l’applicazione della clausola di salvaguardia che ha ripristinato i dazi all’import dai Paesi del Sudest asiatico. Ma anche sui mercati internazionali e nelle sedi politiche e istituzionali europee. Dopo gliaccordi con il Vietnam che consentono di esportare in Ue 80 mila tonnellate a dazio zero e la massiccia improtazione di Japonica dal Myanmar (un aumento del 150% inpocni mesi), ecco un’altra doccia fredda: l’accordo dell’Ue con i Paesi Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay). Questa volta si tratta di 60 mila tonnellate a dazio zero che dovrebbero invadere l’Unione Europea.
Paolo Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Risi, dice senza troppi giri di parole: “L’Europa si è arresa al Mercosur. Il negoziat oche solo qualche mesesembtrava lontano dal concludersi ha avuto un’accelerazione che pare sia stata motivata più da questioni politiche che non commerciali”.
In base ai documenti pubblicati dalla Commissione europea l’accordo prevede la liberalizzazione, ovvero eliminazione totale dei dazi, sul 91% dei beni esportati dalla UE nel Mercosur e del 92% di quelli esportati dal Mercosur alla UE. Per quanto riguarda il settore risicolo, l’accordo prevede che una volta andato a regime, ovvero dopo 6 anni dall’entrata in vigore, gli operatori dei Paesi del Mercosur potranno esportare ogni anno 60.000 tonnellate di prodotto verso l’Unione europea in esenzione totale dai dazi. Nel testo messo a disposizione dalla Commissione europea si specifica che si arriverà al contingente di importazione per 60.000 tonnellate in modo graduale, ma non si specifica quale sarà l’entità del contingente al momento dell’entrata in vigore dell’accordo, né sono stati specificati quali saranno gli stadi di lavorazione che potranno godere della concessione.
Come già accaduto in passato, la Commissione europea, autorizzata dal Consiglio dell’Ue a condurre i negoziati, ha definito – senza considerazione alcuna rispetto ai problemi che sta attraversando la risicoltura europea ed in spregio al principio, che sembra ormai ridotto a una pura enunciazione teorica, della “sensibilità del prodotto” – una concessione più ampia di quella offerta inizialmente che consisteva in un contingente di importazione di 45.000 tonnellate, peraltro a dazio ridotto.
«Non potendo più credere che le importazioni a dazio zero si sostituiranno al traffico già esistente di importazione dal Mercosur e pari a circa 100.000 tonnellate annue, quasi tutte di riso semigreggio – aggiunge il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà -, riteniamo che il nuovo contingente di importazione si sommerà ai tanti altri contingenti già operativi, saturando ulteriormente il mercato dell’Unione europea e riducendo lo spazio commerciale per il riso coltivato in Italia e negli altri Stati Membri dell’Ue, proprio nel periodo in cui il riso europeo avrebbe dovuto essere tutelato grazie all’applicazione della clausola di salvaguardia nei confronti delle importazioni dalla Cambogia e dal Myanmar. L’Ente Nazionale Risi continuerà, insieme al governo, a operare per difendere la redditività della risicoltura in Italia ma le condizioni imposte dagli accordi commerciali dell’Unione europea rendono quest’azione sempre più difficile».
Intanto Carrà ha già annunciato che a settembre si terrà a Bruxelles il terzo forum sul riso (gli altri due si erano già svolti il primo a Milano e il secondo nella capitale belga) che metterà a confronto tutti gli opertori della filiera risicola europea e i parlamentari europei. Sarà un momento per fare il punto della situazione alla luce delle ultime notizie e ribadire ancora una volta che il riso non può essere utilizzato come merce di scambio per accordi commerciali tra Paesi
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