Dalla zappa al drone, dalla guida del trattore a vista a quella telecomandata dal satellite. Un salto di qualità e di generazione, ma nei campi fatica ancora ad affermarsi. La digitalizzazione nell’agricoltura italiana è ferma al 22%. Lo dice uno studio di Nomisma sul territorio nazionale, con l’obiettivo di focalizzare gli aspetti che ancora limitano la diffusione delle nuove teconologie. Siamo lontani dagli standard europei, manchiamo ancora di banda larga in molte zone rurali e soprattutto di risorse ecnomiche. Da un recente convegno sull’agri-tech in Emilia Romagna è emerso che il 30 per cento degli intervistati dichiara che l’azienda non possiede le capacità finanziarie sufficienti e per il 32% è troppo piccola quindi non interessata a cambiare. Poi c’è un 9% che non investe perché privo della professionalità manageriale e un altro 7,5% che si affida a contoterzisti in grado di gestire la strumentazione. Massimiliano Giansanti, presidente nazionale di Confagricoltura, sottolinea che meno dell’1 per cento della superficie coltivata è gestita con soluzioni smart: “Serve un’opera di informazione e divulgazione – dice – per facilitare le imprese a diventare più digitali e occorre avviare un nuovo corso di promozione dell’innovazione superando i problemi connessi all’esiguità delle risorse disponibili”. Oggi l’agricoltura 4-0 in Italia raggiunge 100 milioni di euro, il 2,5% di quello globale che vale 3,5 miliardi di euro.
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