di Enrico Villa
Nel Medioevo il pane, nutrimento del popolo da almeno tremila anni da parte degli assiri babilonesi, degli egizi, dei greci e dei romani, a gradi divenne simbolo teologico. Questo stesso simbolo è senza equivoco richiamato dal Padre Nostro cristiano sia nelle due versioni degli anni Settanta approvate dalla Cei dove si invita ‘l’umanità a privilegiare il pane quotidiano, testimone dell’ insostituibile nutrimento del quale non si potrà mai fare a meno, tuttavia non rischiando la morte. Alla fine del 1400 in Santa Maria delle Graze Leonardo da Vinci(1452/1519) con la sua Ultima Cena fornì una vera Summa Teologica. Nell’affresco milanese traspare che il pane è dunque un elemento essenziale per la vita dell’uomo, è immagine del bisogno di nutrimento. Con il riferimento al pane si vuole dire il bisogno di sostentamento dell’uomo. Nell’Ultima Cena – annota il teologo – Gesù anticipa ritualmente il mistero della sua morte. usa il pane: nella notte in cui veniva tradito prese il pane, lo spezzò e disse: questo è il mio corpo che è per voi. Il pane e il vino usati da Gesù sono il segno della sua vita offerta a tutti gli uomini.
Nei secoli successivi il simbolo del pane si affermò progressivamente, imponendosi. Tracce dei fornai e della produzione di pane si trovano negli scavi di Pompei. E al pane accompagnati da noci e altri cibi i pittori si dedicarono lungo tutto il Settecento e l’Ottocento con Courbet trasformandolo in un alimento importante in occasione della Giornata Mondiale del cibo (Worl Food Day) e la Giornata Mondiale del pane (World Bread Day) istituite dalla Fao nel 1979. Adesso il pane è sempre più diventato un argomento statistico che interessa gli studiosi della alimentazione. I turchi per il consumo di pane si collocano ai primi posti con 104 chilogrammi pro capite di pane che raggiungono annualmente le 8000 tonnellate. Importanti consumatori di pane sono i cileni con 96 chilogrammi pro capite. Molto più morigerati sono gli italiani, nonostante l’invito della Organizzazione Mondiale della Sanità a rispettare una dieta equilibrata la quale, appunto, anche comprende il pane. Nell’Ottocento, in sostituzione di altri cibi più energetici, il pane era assai importante per l’alimentazione corrente. Invece adesso, in Italia, i consumi si sono contratti, subendo una flessine dell’8%. Infatti nel 2010 il consumo pro capite italiano era di 48 chilogrammi per persona che sono diventati 44 chilogrammi comprendendo diversi prodotti da forno.
La storia nazionale dell’arte prospetta circostanze curiose che portano dal Cinquecento e al Settecento, in qualche modo ponendo il pane che nel Medioevo era di frequente fatto di castagne al riso e ai poemi ad esso dedicati. Raffaello Sanzio (1483/1520) pittore rinascimentale urbinate che anche lavorò a Perugia, nel Cinquecento decise di trasferirsi a Roma. E secondo una tradizione storica in Trastevere si innamorò di Margherita Luzi, figlia del fornaio Francesco che gestiva un forno. Margherita divenne un casto nudo effigiato in un olio del 1518/1519, custodito alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma. La modella Margherita diede però luogo ad una polemica, come La Velata e Santa Lucia, secondo la quale Raffaello aveva dipinto altri soggetti che sarebbe poi stata chiamata La Fornarina prendendo spunto dal padre panettiere.
Alla fine del Settecento il veronese Giovanbatista Spolverini completò il suo Poema Il Riso che in versi descriveva la coltivazione in diffusione nel Veronese nonché la fatica degli uomini a corredo dei versi. E la scelta per le illustrazioni cadde su uno degli incisori, Domenico Cunego di Verona. Nel frattempo Cunego era anche impegnato a dipanare quella sorta di Giallo Artistico che si nascondeva dietro Margherita Luzi e la Fornarina di Raffaello Sanzio. Secondo l’incisore de Il Riso l’origine della Fornarina non aveva nulla da spartire con il forno di Trastevere ma era la derivazione del linguaggio volgare popolare il quale faceva riferimento alle bellezze femminili delle donne del Cinquecento. In realtà questa era la scelta di Raffaello che con il suo ritratto voleva esaltare, sia pure attraverso il nudo la femminilità, il massimo dovere della maternità e della specie. Forse è questo il significato colto dalla Fornarina di Domenico Cunego.
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