di Enrico Villa
Nel 2015 è diminuita la macellazione delle pecore e degli agnelli secondo le tradizioni gastronomiche territoriali italiane ed europee, nonostante l’aumento della domanda dovuta alle tendenze nutritive degli emigrati dell’area mediterranea e dell’Africa del Nord. Ma il calo, secondo le statistiche, è stato il fenomeno di un anno. Nel 2019 i manicaretti di pecora e di agnello sono ritornati su tavoli pasquali, tanto che in Italia le macellazioni avrebbero nuovamente superato le 7.000 tonnellate circa. E questo è avvenuto nonostante le greggi siano rimaste stabili in Italia intorno ai sette milioni d capi in sviluppo nelle regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Lazio, Sardegna, Piemone dove la cronaca ha recentemente registrato episodi drammatici con l’assalto di autocisterne, lo spreco del latte per formaggio pecorino in mare e nei campi, i crollo dei prezzi dei prodotti provenienti dagli ovili sardi.
Quanto è accaduto in Italia e in Europa, dove il primato dell’allevamento ovino è detenuto dalla Gran Bretagna e dalla Scozia, è in controtendenza nel mondo. Secondo la Fao che segue attentamente lo specifico comparto ovino, esso è in diffusione in Africa ed Asia come indicano i grafici istituzionali compresi fra il 1961 e il 2014. Per la Fao in Europa a partire dagli anni Novanta si è verificato un decremento progressivo dei capi allevati. In questo caso le statistiche si incociano con i dati che riguardano i pascoli i quali starebbero nuovamente aumentando. Per esempio in Italia è interessante quello che riguarda il Pimonte, regione di grandi tradizioni agricole e di allevamento. Stando alle indicazioni della amministrazione regionale i pascoli montani e la pratica dell’alpicoltura, fonte di reddito per gli agricoltori ma anche patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale, si estendono su oltre 305.000 ettari nelle aree alpine cuneesi, novaresi, torinesi, valsesiane, biellesi, ossolane dove da aprile a settembre/ottobre salgono migliaia di pecore e agnelli dove brucano l’erba messa a disposizione dalle aree verdi controllate per il 42% di proprietà comunale o, comunque, pubblica.
Ancor oggi per la tradizione salda dei pastori, il trasferimento delle greggi avviene con la transumanza, secondo una rivista del settore per una antica e buona tradizione, talvolta snaturata dal linguaggio pastorale, colorito ma qualche volta francamente incomprensibile a quanti vivono in città e nelle zone rurali. In proposito La Regine Piemonte ha predisposto un programma di sviluppo rurale 2014/2020 che nel mondo agricolo ha raccolto più di un rilievo riguardante i provvedimenti destinati alle zone di montagna così riassunti da Bruno Rivarossa delegato a Cuneo su mandato nazionale di Coldiretti: Non è stato fatto nessun sforzo per reperire le risorse per la sopravvivenza dell’’agricoltura montana e per evitare lo spopolamento di specifiche aree che vivono proprio grazie al lavoro dei nostri imprenditori.
In Piemonte, come del resto nelle zone a vocazione pastorizia, la tradizione della transmanza è stata ripresa dagli storici, dalla letteratura e dalla pittura. Già nel Medioevo senza regole del potere civile la trasmumanza, che in piccola parte oggi avviene con automezzi, era più complicata. L’imperatore Teodosio(347/395) che visse a Milano coevo di Sant’Ambrogi e che guadava a Costantinopoli come capitale del suo stato e l’imperatore Giustiniano (492/565) stabilirono le caratteristiche dei tratturi (specie di autostrade verdi sui quali le gregg si muovevano nei loro trasferimenti e brucavano). Infatti il tratturo era largo 111 metri e lungo 200 chilometri, nel tempo in parte sostituito dai trattutelli larghi 37 metri e con gli snodi ogni 18 metri. Su queste vie verdi la devozione dei pastori costruì chiese e cappelle che in montagna sarebbero sopravvissute fino all’epoca della riforma cattolica e di san Carlo Borromeo mentre successivamente sarebbero sorti stazioni di posta e mercati e negozi commerciali.
Con la sua lirica Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare… Gabriele D’Annunzio (1863/1938) evocò i tempi dei tratturi e la fatica dei pastori che badavano ai loro armenti, vincolati come i medioevali servi della gleba. Meno rivoluzionario di D’Annunzio ma più intenso nella descrizione della pastorizia fu Lorenzo Delleani(1840/1908) che partì da Pollone (Biella) e andò a studiare alla Accademia Albertina torinese. Nella storia dell’arte piemontese, Delleani è diventato famoso per due quadri esposti anni fa a Biella con il patrocinio di Biverbanca (Allora Cassa di Risparmio di Biella) e a Torino a Palazzo Bricherasio. Il pittore in Primavera del 1904 fece vibrare con i suoi colori le montagne fra Biellese e Valsesia. E i suoi colori hanno immortalato nel 1909 un evento che connotò la storia industriale italiana, vale a dire l’atto costitutivo della Fiat, ritratti insieme lii senatore Agnelli e il marchese Bricherasio, entrambi parte della imprenditoria storica torinese e del Piemonte
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