di Enrico Villa
Dopo un ventennio di perplessità in tutta Europa, il 24 marzo 1998 il Parlamento di Strasburgo decise finalmente che le api dovessero essere tutelate da tre fitofarmaci impiegati per difendere le coltivazioni di girasole e di mais, importanti per le coltivazioni continentali. Le arnie a terra e sugli alberi, come in Russia e in Estremo Oriente, si erano anche trasformate in “centraline naturali” che filtravano i veleni e, subito dopo, in genere purtroppo morivano.
Secondo un dato citato da Coldiretti, che seguendo da vicino il comparto, proprio per i dicotilenodi, le aggressioni meteorologiche impreviste, gli squilibri ambientali crescenti nel 2017 le popolazioni di api in Italia intorno a 20.000 unità si erano ridotte a 10.000 unità con pesanti risvolti economici negativi: le importazioni di miele dal nostro paese sono cresciute del 4% circa corrispondenti a circa 23.000 chili di miele, favorendo i maggiori produttori nel mondo, vale a dire Argentina, Ungheria, Cina, Romania, Bulgaria. Inoltre, la diminuzione dell’apicoltura italiana ha agevolato la Germania, forte consumatrice di miele, che secondo la filosofia nordica viene impiegato in molteplici modi che comprendono pasticceria, medicina, dietetica, prodotti di bellezza.
Tutto sommato, l’atteggiamento del pubblico consumatore ha del sorprendente perché starebbe ad indicare che la gente delle api che presidiano l’ambiente sa poco, o è scarsamente consapevole delle caratteristiche del loro prodotto naturale. Infatti, recentemente l‘Una-api, importante associazione apistica nazionale, ha effettuato una ponderosa inchiesta di marketing con la prefazione di Francesco Panella, e una delle conclusioni è stata questa: solo il 2/3% dei consumatori sa tutto sulla storia delle api e del miele, mentre il 97% circa ignora i dettagli di questa ricchezza della natura che l’umanità utilizza da almeno diecimila anni come dimostrerebbero i numerosi reperti archeologici scoperti in Spagna, in Egitto e in Oriente. Proprio la mitologia del miele indica le tradizioni funerarie comparse nelle piramidi egiziane, l’attenzione antichissima della letteratura e della filosofia con Aristotele, Virgilio, Plinio, nonché l’interesse del potere costituito e degli economisti. Nell’antichità e fino al Cinquecento, Seicento, anche Ottocento, il miele fu alla stregua di una moneta di scambio, tanto che esso, come il vino e gli olii, nel 301 dopo Cristo comparve nell’editto dei prezzi di Diocleziano, mentre il prodotto dolcificante delle api dava un tono preciso agli scambi correnti. Una leggenda egiziana sottolinea ancor più l’importanza del miele presso il popolo. Secondo la stessa leggenda, le lacrime del dio egiziano Ra si trasformavano in gocce di miele con valore economico. All’arrivo in Occidente dello zucchero da canna o da barbabietola, appunto dagli arabi chiamato sugar, il miele conobbe un periodo difficile che si accentuò nell’Ottocento quando in Europa si svilupparono le fabbriche di zucchero, costringendo nel 1806 Napoleone a dichiarare un embargo nei confronti dell’Inghilterra che con i suoi traffici lucrava troppo sullo zucchero.
Ma il provvedimento durò fino alla fine del regime napoleonico. E subito dopo, con una nuova coltura del miele impostata sulle arnie a terra, oggi controllate sistematicamente dalla elettronica, si diffuse nel mondo, in particolare in Europa e negli Stati Uniti. E, come annota una ricerca internazionalmente, c’è molta fame di miele. L’Italia ha conquistato il record di 51 varietà di miele, anche conseguenza del nomadismo delle api che si muovono alla ricerca dei fiori adatti da impollinare. Negli States gli allevatori professionali, cioè che operano non per diletto, sono circa 3 milioni, mentre in Italia i 45.000 apicoltori che agiscono nelle loro aziende producendo un valore complessivo annuo di 2 miliardi di euro. Secondo le valutazioni attendibili, i professionali sono l’ottanta per cento numericamente corrispondenti a circa 900 mila imprenditori. Fra le regioni apistiche più importanti: la Lombardia con 136.799 allevatori, il Piemonte con 113.325, l’Emilia Romagna con 104.556. In tutto sul territorio nazionale e con i sistematici controlli del ministero delle Politiche Agricole e del nulla osta obbligatorio dei veterinari di zona, 1,1 milione di alveari censiti.
Gli esperti ministeriali e quelli delle associazioni apistiche, che anche provvedono a corsi periodici di formazione, non si stancano mai di fornire questa indicazione: le api sono insetti assai delicati che necessitano di ogni cura e di conoscenze approfondite di entomologia e di botanica. Questo ovviamente vale anche per la diffusione negli ultimi anni di arnie e allevamenti istituiti sui solai degli edifici di Milano, Parigi, New York dove le api stanno prendendo il posto, o sostituendosi, ai giardini pensili con fioriture a disposizione degli insetti per le mielate. Questa tendenza, che si sta diffondendo con arnie che garantiscono chilogrammi di miele sui tetti e nei solai come a Milano, ha favorito la nascita di assaggiatori di miele come per il vino e il riso. Una associazione di assaggiatori professionale di miele istituita nel 1998, proprio in questi giorni compie vent’anni, prova che anche in Italia il nettare degli dei, cioè il miele, avrà un avvenire tecnico ed economico, nonostante la lamentata riduzione dell’insetto per cause ambientali e di diffuso inquinamento.
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