Ricercatore, genetista, cantore della risaia. Antonio Tinarelli, 92 anni, era un’icona della risicoltura mondiale. Ci ha lasciati sabato scorso e i funerali sono stati celebrati a Vercelli, dove è vissuto e ha legato il suo nome allo sviluppo e alla storia del riso per settant’anni. Chi lo ha conosciuto ricorda di lui sorpattutto il tratto e il comportamento che ne facevano in modo ineguagliabile un <gentleman della risaia>. Così è ricordato da tutti, dal più piccolo risicoltore alla grande azienda: a ognuno l’agronomo professor Antonio Tinarelli, di orgine bolognese, non smetteva mai di dare consigli e suggerimenti appropriati, senza salire in cattedra. E ne avrebbe avuto tutti i titoli, considerando la massiccia produzione scientifica e la creazione di celebri varietà di riso, entrate in coltivazione nella prima parte degli anni Sessanta e ancora apprezzate: Sant’Andrea, Baldo, Ribe, Europa. Molte delle sue creazioni sono attualmente presenti, oltre che in Italia, anche in altri paesi come Portogallo e Turchia. Negli ultimi anni si era dedicato anche a una intensa produzione letteraria, sempre rivolta al riso, tema che non aveva mai smesso di scandagliare, con un occhio attento alla difesa del made in Italy e alla globalizzazione, aperto alle innovazioni e pronto a coglierle. Amava esaltare il mondo del riso non solo sotto il profilo agronomico, scientifico, ambientale e economico, ma anche lirico: recente e apprezzato un suo ultimo libro, <Il canto del riso>, un’originale raccolta di poesie legate al cereale, a tutte le latitudini. (g. f. q.)
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