I risicoltori europei (e in particolare quelli italiani) sono in attesa degli sviluppi che dovrebbero scaturire dalla decisione della Commissione UE la quale ha riconosciuto valide le argomentazioni della filiera risicola, rappresentate da Ente Nazionale Risi e dai ministeri. il ritorno all’applicazione dei dazi sul riso improtato dai Paesi Meno Avanzati (leggi Cambogia e Myanmar). Ma ora sono necessari ulteriori passi per coronare il successo inseguito da anni. Lo sottolinea l’Airi (Associazione industrie risiere italiane) che in una nota ricorda anche come sia la crisi delle industrie a giustificare l’applicazione della clausola di salvaguardia. <<Nel documento pubblicato il 5 novembre scorso e intitolato “Safeguard investigation concerning imports of indica rice originating in Cambodia and Myanmar” – dice l’associazione presieduta da Mario Francese – la Commissione UE (DG Trade) redige una puntuale analisi dello squilibrio di mercato determinato dagli enormi volumi di riso importati negli ultimi anni nell’UE, particolarmente nei Paesi non produttori e originari della Cambogia e Myanmar. La Commissione conclude ritenendo necessaria la revoca del regime preferenziale accordato a quei Paesi dal 2009 per il riso lavorato indica e la reintroduzione di un dazio di 175 euro il primo anno, 150 il secondo e 125 il terzo anno>>.
<<Ancorché questa determinazione non possa ancora tradursi nell’applicazione dei dazi, poiché la decisione finale spetterà al Comitato Sistema Preferenze Generalizzate costituito da tutti i Paesi Membri che si riunirà il prossimo 4 dicembre – prosegue – si è compiuto comunque un enorme passo avanti da quando il 13 ottobre 2013 le industrie risiere Italiane prospettarono per prime il problema al Ministero dello Sviluppo Economico lamentando un pericoloso aumento di importazioni a basso prezzo che avrebbero compromesso la produzione italiana di riso indica e successivamente squilibrato anche il mercato del riso da risotto. L’anno prima, nel novembre del 2012, AIRI aveva già evidenziato come l’abolizione delle sanzioni al Myanmar, avrebbe consentito a quel Paese di beneficiare delle concessioni EBA e di esportare riso a dazio zero verso l’UE. Cinque anni ci sono voluti perché la Commissione UE condividesse il rischio di pregiudicare la produzione risicola comunitaria e perché ciò avvenisse si è dovuto assistere ad una importante diminuzione di ettarato in Italia e ad una penalizzazione dei prezzi anche del riso da risotto>>.
Adesso si attendono gli ultimi sforzi attraverso i passi successivi imposti dalla procedura. <<Se il comitato GSP approverà la proposta della Commissione – si aggiunge – si dovrebbero creare i presupposti economici per dare alla risicoltura nazionale ed europea la possibilità di espandere le superfici coltivate di riso Indica, mantenendo inalterate le superfici coltivate a riso japonica, permettendo così all’industria italiana di promuovere sul mercato dell’Unione Europea oltre che il riso da risotto anche il riso Indica nazionale. Doveroso sottolineare che questo successo, se mai arrivasse a compimento, sarà anche grazie ad un Paese, l’Italia, che ha fatto sistema, unendo risorse pubbliche e private che hanno lavorato caparbiamente e professionalmente, evitando di percorrere iniziative propagandistiche utili alle chiacchere da bar ma non risolutive dei problemi. Il documento della Commissione evidenzia ripetutamente che è grazie alla puntigliosa collaborazione delle industrie italiane, scelte a campione dalla Commissione, che è stato possibile dimostrare, come previsto dall’art. 22 del reg. 978/2012, che le importazioni da Cambogia e Myanmar sono tali da causare gravi difficoltà al mercato del riso italiano rendendo necessario revocare il regime preferenziale accordato a quei Paesi per il riso indica>>.
Nel frattempo tra settembre e ottobre 2018 le importazioni di riso semilavorato e lavorato dai PMA risultano in aumento di 7.750 tonnellate (+15%) rispetto allo stesso periodo della campagna 2017/2018. Le importazioni dalla Cambogia, pari a 34.300 tonnellate, coprono il 57% delle importazioni dai PMA ed evidenziano un calo di circa 4.000 tonnellate (-10%). Al contrario, le importazioni dal Myanmar, che rappresentano il 43% delle importazioni dai PMA, fanno segnare un incremento di 11.717 tonnellate (+81%) rispetto allo scorso anno, essendo passate da 14.380 alle 26.097 tonnellate attuali.
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