di Gianfranco Quaglia
Un tempo si pronunciava quadrilatero: Vercelli-Casale-Alessandria-Novara. Oggi si chiama «Quadrante» e non ha nulla da spartire con i tempi epici del calcio di provincia. E’ tutt’altra cosa e tende a unificare (non solo idealmente) i vertici di quattro capoluoghi: Novara-Vercelli-Biella-Verbania. In altre parole il Piemonte Nord-orientale, territorio ricco da vendere e da saper vendere, forte di un milione di abitanti. Dopo gli appetiti e i campanilismi che hanno portato alla creazione di due nuove province (Biella e Verbano Cusio Ossola) ora torna con forza il sogno della riunificazione o di sinergie di scala, imposte da necessità economiche e opportunità di sviluppo. Sul progetto provincia di quadrante ci hanno lavorato in molti, a partire dall’ex presidente dell’Amministrazione provinciale di Novara, Diego Sozzani, ma l’idea non sempre è stata condivisa dai compagni di viaggio delle aree confinanti.
Ora torna attuale, rivisitata dai quattro sindaci: Andrea Ballarè (Novara), cui si deve l’iniziativa, Maura Forte (Vercelli), Marco Cavicchioli (Biella) e Silvia Marchionini (Verbania). Riuniti a Novara con un occhio a Expo 2015. «Il tempo dei campanili è superato» dice Ballarè e con lui sono d’accordo gli altri tre che insieme hanno deciso di puntare al «Progetto Expo» visto dal territorio più prossimo al cantiere dell’evento dove si parlerà di «Nutrire il pianeta energia per la vita».
Il ragionamento è questo: ciascuna di queste aree possiede potenzialità creative e risorse agro-industriali tali da essere protagoniste. «Noi vogliamo dare contenuti a queste province» dicono i quattro sindaci. Ma per farlo occorre parlare quasi per voce sola, mantenendo integre le peculiarità dell’agroalimentare e non solo: fiori, riso, zootecnia, vini e tutto il tessuto che ruota attorno, turismo compreso, facendo di questo Piemonte lontano da Torino e vicino a Milano un unicum. Un paniere economico robusto e variegato che forse perderebbe forza e potenzialità se fosse presentato come uno spezzatino. Il mondo non capirebbe e difficilmente si esalterebbe di fronte a distinguo riduttivi inalberati con orgoglio da chi è ancora convinto che la «panissa» vercellese sia migliore della «paniscia» di Novara o che entrambe soverchino la «paniccia» valsesiana. Diatribe d’antan, di chi non sa guardare oltre la Sesia o il Ticino.
You must be logged in to post a comment Login