di Enrico Villa
Il ghiro è un roditore che suscita simpatie per le sue abitudini sociali, ma che sta diventando un problema per i noccioleti nel Cuneese, nell’Astigiano, in Emilia, in Toscana e in Sicilia nell’area dei monti Nebrodi. Con i suoi denti aguzzi rosicchia le nocciole in coltivazione, e che dovrebbero servire per i dolciumi e la crema Nutella della Ferrero, la primaria multinazionale nata ad Alba e riferimento imprenditoriale in tutto il mondo. In questa aggressione sistematica dei noccioleti, l’alleato al ghiro è la cimice asiatica, importata in Europa da qualche anno, che si annida nelle nocciole distruggendole. Il ghiro (glis glis, Linneo 1760) più della cimice asiatica Halyomorpha halis) richiederebbe un antagonismo naturale che è stato ristudiato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che, secondo un piano istituzionale triennale, sta attuando un progetto di controllo dei ghiri nei corileti, appunto i noccioleti.
Per ora, una conclusione sembra ancora lontana perché, a norma della legge varata l’11 febbraio 1992 sulla tutela della natura e della biodiversità, il ghiro dal 2006 è una specie protetta, non cacciabile ed eliminabile con tecniche strategiche. Questo, come ricordato da numerosi guardiaparchi intervistati dalla stampa di informazione, fino agli anni Sessanta i glis glis furono sterminati dal DDT nonché da altri fitofarmaci. Adesso si profila il possibile recupero di un antagonista naturale dei ghiri distruggi nocciole, costituito dall’allocco (catalogato da Linneo nel 1755 circa). L’allocco, rapace entrato nella tradizione popolare, e accusato di scarsa intelligenza come, del resto il ghiro che durante la giornata dorme a lungo, dovrebbe avere un compito naturale primario: nei boschi ad altezza superiore ai 6oo metri, andare a caccia di ghiri nutrendosene.
Nella pianura padana i ghiri sono molto rari, e questo aspetto è interessante perché, come vedremo, secondo il progetto della multinazionale Ferrero, nella valle del Po dovrebbero estendersi senza guai le coltivazioni di nocciolo. In maniera molto generica il tema è stato trattato in un convegno nel Cuneese svoltosi nella scorsa primavera, nello stesso periodo approfondito in Sicilia dove – lo documenta la stampa regionale isolana – i coltivatori di corileti hanno preso posizione proprio contro i danni arrecati dai ghiri e dalle cimici asiatiche. Tracce del Progetto Ferrero si ritrovano nei comunicati ufficiali della multinazionale e nella stampa di informazione locale come La Provincia Pavese, edizioni dell’autunno 2017. Stando a questa stessa documentazione, il Progetto Ferrero è già stato avviato in Piemonte e in Lombardia con questo obiettivo: estendere i corileti nel grande triangolo geografico dell’Oltrepo pavese con terreni adatti, fissando i centri di raccolta e di lavorazione per l’essiccazione a San Cipriano, Vistarino e Sartirana. Quello che sta avvenendo con l’impegno degli agronomi potrebbe avere un epilogo giudicato positivo dagli specialisti: il radicamento in aree non abituate ai contratti di coltivazione scientificamente seguiti dalla grande industria che si integra rispetto alla agricoltura moderna nonché, per la parte bassa dell’Oltrepo pavese la possibile contrapposizione inedita di altre coltivazioni alla risicoltura. Un terzo aspetto merita di essere sottolineato: anche l’industria per svilupparsi ha necessità di materia prima da lavorare, nel caso specifico di nocciole che aiutano a proiettare una marca sull’intero globo come nel caso della Ferrero.
Gli economisti della impresa dolciaria di Alba, non perdendo mai di vista il contesto in questo caso internazionale, sono arrivati a questa conclusione: l’auspicio è che entro il 2025 i campi italiani da Nord a Sud siano coperti di nocciole. Non totalmente ma è questa l’Italia che sogna la Ferrero per aumentare del 30% la produzione nel nostro Paese del suo ingrediente di punta della Nutella.
Per cogliere la penuria di nocciole, che secondo le valutazioni preoccupa i vertici della Ferrero, è forse il caso di effettuare un censimento globale dei corileti, con una produzione anche consigliata dalla medicina per – è un esempio – il contenuto di vitamina E del frutto. Il primo paese al mondo di nocciole è la Turchia con una superficie di circa 400.000 ettari ed una produzione annua di 555.000 tonnellate. Il secondo paese è la Georgia, il terzo paese gli Stati Uniti. Assai importante sia per le nocciole che per le coltivazioni le quali alimentano l’industria l’Italia con una superficie impegnata di circa 110.000 ettari dislocati in Campania, Lazio, Piemonte, Sicilia che assieme garantiscono il 98% del raccolto. Importante in Europa è anche la Spagna con superfici di18.000 ettari raggruppati in Catalogna. Ma soprattutto di rilievo per le forniture agrondustriali paesi come l’Azerbaijan (17.000 tn), la Georgia (12.000 tn), l’Iran (12.000 tn). Qui lo sviluppo è vincolato da ragioni economico-politiche e, quindi, potrebbe essere compensato in Italia da un incremento del 30% in pochi anni di coltivazione. Per accompagnare questo sviluppo ipoteticamente condizionato dai ghiri e dalla cimice cinese, la Ferrero ha creato una istituzione di consulenza e di appoggio ai contratti di coltivazione e di gestione denominata Ferrero Hazelnut Company con il proprio know how, basato su una lunga tradizione e conoscenza del settore corilicolo. I suoi tecnici si soffermeranno sulla qualificazione dei terreni, sulla valorizzazione vivaistica per far nascere nuovi frutteti e sulla tracciabilità, sostenibilità e, come accennato, gli accordi di filiera auspicati dallo stesso comparto agricolo.
Foto di A. Molino da Piemonte Parchi
You must be logged in to post a comment Login