Prima dei cambiamenti climatici che hanno caratterizzato il 2017, le precipitazioni di piogge e di neve in Italia erano del 7% con una media stagionale del 2,5%. Un poco diversa era la situazione in Europa dove solo il 48% dei fiumi è catalogato indenne da inquinamenti, ossia ecologico. Adesso lo scenario è del tutto mutato, con alluvioni, siccità che ha ulteriormente complicato la situazione e che ha introdotto nell’ambiente fattori di grande squilibrio i quali influenzano grandemente l’agricoltura. Inoltre, lo scenario condiziona grandemente l’economia più in generale che deve sopportare costi crescenti. Secondo le valutazioni correnti, in Italia il prezzo idrico è considerato elevato e influenza negativamente i bilanci aziendali. Nei giorni scorsi, gli analisti economici si sono soffermati su due aspetti: le decisioni del presidente degli Stati Uniti di aumentare i dazi di generi di importazione che solleciteranno verso l’alto i prezzi dei generi alimentari, come ha fatto rilevare nelle sue ultime considerazioni la Coltivatori Diretti; inoltre costeranno di più i prodotti siderurgici. Infatti senza acqua, gli altiforni e le fabbriche di alluminio che gli Stati Uniti si preparano a colpire, rischiano in parte una crisi già complicata dalle unità situate in Meridione e in diverse aree della Pianura Padana.
La penuria idrica, aggravata dal cattivo stato delle condotte di distribuzione, ha suscitato più movimenti di opinione i quali hanno ipotizzato l’inserimento del diritto umano nelle costituzioni di diversi paesi europei, africani, asiatici nonché la codificazione nel diritto internazionale della salvaguardia dell’acqua come bene pubblico, definitamente sottratto alla speculazione privata e di alcune multinazionali. Nell’anno Duemila a Milano, in via Rembradt, è nato il Comitato Italiano per il contratto mondiale dell’acqua, Onlus che fa riferimento al Referendum del 2011 per consentire la gestione idrica soltanto alle istituzioni pubbliche nonché alla Giornate mondiale dell’acqua, istituita dall’ONU nel 1992 celebrata giovedì prossimo 22 marzo. Anche la Fao si sta occupando del reperimento di acqua soprattutto in Africa dove gli interventi filantropici e quelli finanziari scarseggiano. Sia in Africa che in America del Sud e in Asia l’obbiettivo primario è l’ottenimento di molti pozzi trivellati perché le comunità locali non siano costrette a fare quotidianamente chilometri per reperire minime risorse idriche. Esse, come è comprensibile, occorrono per ragioni sociali, ma ugualmente per ragioni economiche. Infatti senza acqua non sono possibili coltivazioni minimamente redditizie per i contadini. I dati statistici richiamati dalla sociologia e dalla demografia evidenziano quale, in realtà, sia lo stato nelle aree di sottosviluppo. Almeno un miliardo di persone nel mondo non ha assolutamente disponibilità idrica, più di 600 mila persone non fruiscono di servizi igienici minimi impossibili senza flusso idrico e oltre trecentomila bambini al di sotto dei cinque anni sono colpiti da malattie provocate dalla penuria dell’acqua. Come anche nei suoi documenti riferisce il Comitato milanese per il contratto mondiale dell’acqua in Sudamerica la mano privata che governa le risorse idriche ha elevato progressivamente i prezzi della distribuzione, tanto che in Bolivia si sono registrate drammatiche sommosse sociali. In ogni caso una delle misure internazionali per tentare di risolvere il problema è indicato in invasi artificiali i quali consentano di risparmiare e accumulare acqua, come è accaduto nell’arco alpino fra Ottocento e Novecento con la costruzione di grandi dighe idroelettriche. E come è anche successo con la rete di canali come il Cavour nelle province di Vercelli, Novara e Biella. Infatti, la costruzione di invasi sfruttando il flusso dei torrenti, ha garantito acqua indispensabile alle coltivazioni (riso, mais, orticoltura in particolare) offrendo dal 1965 ai territori una efficiente rete di distribuzione.
Il Comitato per il contratto mondiale dell’acqua nelle costituzioni statali e nelle legislazioni ha anche stilato un programma per il 2018 il quale dovrebbe, per quanto possibile, scongiurare la crisi idrica prevista dal 2020 e quella ancor più drammatica che potrebbe verificarsi nel 2050 in aree diverse del globo. Entro l’anno in corso in Italia e nel mondo con il contributo politico-finanziario dovrebbero essere conseguiti due obbiettivi così sintetizzati dal Comitato milanese: 1) che siano le imprese e i mercati finanziari a definire le modalità di concretizzazione del diritto umano all’acqua che si approprino delle risorse naturali attraverso il land/water grabbing; 2)che le imprese e i mercati, in quanto portatori di interessi, si approprino del futuro governo delle risorse idriche e del ciclo dell’acqua e delle risorse ambientali, tramite i meccanismi di governance che loro stessi definiscono.
Il 22 marzo a Torino al centro auditorium di Torino Metropoli di corso Inghilterra si parlerà della tematica acqua anche sotto il profilo economico così sintetizzato: in anni di normalità in Italia il fabbisogno di acqua al 45% per l’agricoltura, al 20% per l’industria, al 18/20% per l’energia, al 20% per usi civili. Da un punto di vista associativo e tecnico ci si soffermerà sulla scarsità della risorsa idrica e sui cambiamenti climatici: invasi per lo stoccaggio delle acque a prevalente uso agricolo. Sono interessate particolarmente le province di Cuneo, Torino, Vercelli, Biella, Novara che attendono strutture appena progettate e senza finanziamenti adeguati. L’auspicio è che tutto non si risolva nell’ennesimo libro dei sogni.
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