Doveva essere costruito in quattro anni. Fu terminato in tre. Camillo Benso di Cavour aveva pianificato tutto, o quasi. Persino il modo di evitare una situazione che sarebbe stata bollata – già allora – come conflitto d’interessi. Facile cadere nella trappola, lui proprietario di una delle più grandi aziende agricole, la tenuta di Leri nel Vercellese, dove il riso la faceva da padrone, ma aveva sete. Per risolvere i problemi di quell’azienda, ma non solo della sua, occorreva costruire un’opera gigantesca, inimmaginabile per l’epoca che risollevasse le sorti di un’agricoltura dilaniata dai danni delle guerre: un’arteria d’acqua che attraversasse tutto il Piemonte e portasse linfa viva anche alla Lomellina. Perchè il cuore europeo della risaia non aveva confini, come oggi, e pulsava su un ampio territorio. Così nacque il Canale Cavour, il più grande capolavoro irriguo dell’Unità d’Italia, tale da segnare una svolta nello sviluppo economico e agricolo della Pianura Padana.
Aveva previsto tutto, il Conte, ma non fece in tempo a vederne gli effetti: neppure l’inizio del lavori, cominciati nel 1864, perché morì il 6 giugno 1861, dopo aver gioito per l’Italia unita. E, benché lungimirante, non poteva immaginare che quell’opera, oltre a dissetare le risaie avrebbe anche portato luce nelle case e nelle fabbriche, attraverso la produzione di energia elettrica. Ventinove centraline in provincia di Novara, altre 9 nel Vercellese, collocate sui diramatori che ricevono acqua dal Cavour, la portano alle risaie e sfruttano i «salti», cioè le pendenze. L’ingegner Bruno Bolognino, direttore generale dell’Est Sesia, uno dei tre consorzi irrigui: «Nel Novarese sviluppiamo una potenza di 25 mila Kw, con una produzione di 120 milioni di Kwh, che poi rivendiamo in parte a privati, industrie, Enel, anche a partner stranieri, come la Energie de France». Uno dei pochi casi in cui l’Italia esporta energia pulita. La potenza complessiva delle centrali supera i 30 mila Kw.
L’attualità del canale, come simbolo di un’Italia risorgimentale, non ha precedenti. Dopo 150 anni la risaia vive grazie a quel manufatto, straordinario esempio di ingegneria idraulica che il tempo non è riuscito a scalfire, grazie anche ai continui interventi di sostegno. Intatta la struttura, compreso il tratto in mattoni che passa sotto il fiume Sesia. Complessivamente un percorso di 85 chilometri, dalla derivazione del Po nei pressi di Chivasso sino a Galliate (Novara) dove si getta nel Ticino. Idealmente, ma non solo, quel canale voluto da Cavour saldava Piemonte e Lombardia, unendo di fatto le due regioni.
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