Che sia un mercato da riconquistare, quello del Baby Rice, è palese. Marco Romani, ricercatore del Centro Ricerche Ente Nazionale Risi, snocciola alcuni dati: in Europa si producono circa 60 mila tonnellate di riso proveniente da superfici praticamente indenni da metalli pesanti. Il 70 per cento è inSpagna, soltanto il 30 in Italia. Se ne è parlato durante il convegno dedicato al tema specifico, organizzato da Ente Risi e dedicato alla presentazione del Progetto babyrice, dopo un anno sperimentale, con il coinvolgimento di tre aziende: Giovanni Daghetta di Robbio, capofila; Siocietà Agricola Braggio e Carnevale Miacca; Azienda Agricola Gamalerio.
Roberto Gamalerio. Scopo del progetto: trovare soluzioni per limitare la contaminazione nel terreno di arsenico e cadmio. “Il babyrice si rivela un’ottima alternativa di nicchia in questa fase di crisi delle quotazioni. Il prezzo riconosciuto, infatti, è fra il 12 e il 15 per cento in più”. Il progetto è nato dalla collaborazione fra Ente Risi, Università Cattolica di Piacenza, Università di Torino. Il convegno è stato aperto dal direttore generale Ente Risi, Roberto Magnaghi, da marianna Garlanda della Regione Lombardia, dalla profesoressa Elisabetta Barberis, prorettore dell’Unviesità di Torino, che ha moderato l’evento.
Maria Chiara Fontanella (Università di Piacenza) ha illustrato i metodi analitici utilizzati in laboratorio per la determinazione del contenuto di cadmio e arsenico totale nella granella. Rolla (Ente Risi) ha ilustrto lpeffetto di alcune tecniche colturali adottate dalle tre aziende: in particolare sono ststi valutati la tipologia del suolo, la gestione dell’acqua e le varietà di riso. Maria Martin (Università di Torino) ha sottolineato come a volte la presenza di arsenico e cadmio dipemnda dalle diverse caratteristiche intrisiche del suolo stesso. Paola Giorni e Terenzio bertuzzi hanno illustrato i risultati ottenuti dalle analisi di campioni di granella racco
lti in campo a diversi stadi di maturazione.
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