Il “Loto flower” eliminerà il ghiaccio sulle ali degli aerei

Il “Loto flower” eliminerà il ghiaccio sulle ali degli aerei

di Enrico Villa

ghiaccioGli studiosi di scienze naturali, con un debito sempre maggiore anche da parte dell’agricoltura, la chiamano biomimica. E’ la lezione continua che viene dalla natura per i progressi dell’economia e delle applicazioni tecnologiche, come meccanismo già esistenti da migliaia di anni nei diversi regni naturali. Da almeno un ventennio la ricerca scientifica americana ed europea è al lavoro per imitare correttamente i risultati dell’evoluzione facendone una conquista. In questo senso, sempre più aperte sono le frontiere delle nanotecnologie di cui in questi ultimi anni l’ Università “tripolare” di Vercelli, Novara, Alessandria Amedeo Avogadro ha aperto un corso di laurea.
Ma come di frequente accade secondo le regole un po’ singolari della comunicazione moderna, la biomimica è balzata alla ribalta anche grazie alla specie vegetale asiatica Nelumbo Nucifera, cioè il loto, cui AgroMagazine qualche tempo fa ha già dedicato un cenno. Il 24 settembre 2010 a Milano, l’industria tessile Loro Piana presentò alla stampa internazionale la fibra Loto Flower. Si trattava di una fibra naturale originariamente tratta dalle donne birmane dal gambo di loto, vegetale acquatico dalle caratteristiche assai interessanti. Questa stessa fibra, che deve essere filata entro dodici ore dalla raccolta per evitare il suo deterioramento, consente piccolissimi quantitativi di un tessuto leggerissimo, fra la seta greggia e il lino. Pier Luigi Loro Piana scoprì l’utilizzo tessile del gambo di loto da una sciarpa donatagli da un amico giapponese. Volle andare oltre il dono, si recò in Birmania oggi Myanmar e scoprì la lavorazione millenaria che importò. Un imprenditore industriale tessile di fama internazionale anche per la Nelumbo Nucifera applicò lo schema di ricerca applicata che negli anni Cinquanta in Valsesia aveva tentato suo padre, ingegner Franco: creare ai piedi del Monterosa un allevamento di camelidi da cui trarre finissimo tessuto. In realtà negli anni Settanta e Ottanta del Novecento i figli di Franco, Sergio e Pier Luigi Loro Piana con accordi in Perù e in Argentina attivarono grandi allevamenti di camelidi (viguna, in particolare) accordandosi con i governi e i pastori per tose periodiche programmate. Lo stesso sistema, ad esempio, vale anche nella risaia italiana per garantire la massima qualità con contratti di coltivazione sottoscritti dai produttori.
Ritornando al loto flower, che più di un tempo sta interessando la floricoltura italiane ed europea, va annotato un aspetto importante: la Nelumbo Nucifera, che cresce negli acquitrini e negli stagni, è per così dire nemica dell’acqua. Infatti le sue larghe foglie sottostanti ai bellissimi fiori, rimangono sempre asciutte. A occhio nudo sembra un mistero. Con il microscopio elettronico la ricerca ha stabilito che l’apparato fogliare è dotato di minuscole protuberanze cerose e di cristalli che tengono lontana l’acqua, attivando un meccanismo permanente di autopulitura, tuttavia non bloccando mai gli effetti dei raggi solari e pertanto, della fotosintesi clorofilliana. Tenendo conto di questo, l’Università di Clemson, nel South Carolina, sta puntando ad una fibra naturale più abbondante del Loto Flower, quindi utilizzabile più ampiamente. Altre ricerche sono in corso a Tallahassee, Università della Florida. L’ “effetto loto” dovrebbe alla fine aiutare a creare polimeri di origine vegetale. Inoltre, la bibliografia su questi studi sta diventando molto ampia.
Infine, il meccanismo attivato dall’”effetto loto” dovrebbe servire per combattere una volta per tutte il fenomeno del ghiaccio sulle ali degli aerei di linea. Un prova in più che partendo dalla botanica e dalle coltivazioni agricole in natura i successi possono essere strepitosi, al di là degli impieghi industriali inizialmente circoscritti come quattro anni fa accadde per il loto flower.

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