di Enrico Villa
Harry Styles, anglosassone, ha 23 anni, un seguito di ragazzini che si esaltano per i suoi brani che parlano di natura e dei casi della vita e che ha dato il nome di kiwi ad un suo cd di brani i quali inizialmente sono stati proposti a tutto il mondo dalla Sala Alcatraz di Milano. Nell’universo immenso dell’immagine e del marketing, è raro che la musica rock abbia per titolo musica preferita dai giovanissimi i quali ancora sognano, che nei prossimi mesi saranno il “culmine” dei concerti internazionali programmati da Harry Style. Ad ogni latitudine sarà così sollecitata l’attenzione per un frutto arrivato secoli fa dalla Cina, approdato in nuova Zelanda dove anche così si chiama l’uccello che fregia la bandiera nazionale nonché in America e poi in Europa. Oggi il kiwi è una colonna portante di una moderna agricoltura affermatasi in Italia e negli altri paesi mediterranei, in primis la Grecia. Sono le statistiche sia europee che italiane che confermano questa posizione la quale, negli ultimi due anni, ha corso più di un rischio causato da una moria anche un po’ misteriosa dovuta a un virus.
Quello che sta accadendo per il Kiwi in un brano cantato da Harry Style il quale però trascura gli aspetti troppo negativi, così come forse vorrebbero i giovani, è invece documentato dai Servizi Ortofrutticoli, meglio conosciuto come CSO Italy. In un recente convegno specialistico a Verona, infatti, il CSO Italy ha evidenziato, che a causa delle morie biennali le coltivazioni hanno, fra l’altro, colpito pesantemente il Piemonte, il Borgodalese e l’area del lago di Viverone. Dai dati emerge come, nonostante la superficie coltivata sia in leggera ascesa, la produzione è prevista in netto calo per il kiwi made in Italy, mentre all’estero, soprattutto la Grecia, continua a correre. In Italia nel 2017 da una superficie di circa 24.700 ettari la produzione è del 2% in più rispetto al 2016. Però – annota il CSO Italy – la produzione commerciabile è prevista in calo del 14% con un volume di 390.000 tonnellate circa (erano 455.000 lo scorso anno) 62 mila in meno. Così riassume la “fotografia” proposta al convegno di Verona: fino al raccolto del 2018, nella attuale stagione 2017/2018 vi potrebbe appunto essere un po’ di diminuzione del frutto, miniera di vitamine e di altri componenti i quali favoriscono la nostra salute.
IL CSO Italy con i numeri ha anche descritto lo scenario riguardante la coltivazione nella penisola: in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Calabria. L’Italia – è il commento – continua di gran lunga ad essere il principale produttore, e nel resto dell’emisfero nord, del kiwi cala la produzione prevista: 58.000 tonnellate circa in Francia, negli Stati Uniti 27.000 tonnellate, mentre sono nostri competitori la Grecia con 185.000 tonnellate ( più 12%), il Portogallo 25.000 tonnellate ( più 19%) e la Spagna 15.000 tonnellate (più 15%). La produzione europea – è la valutazione del CSO Italy – dovrebbe attestarsi sulle 673.000 tonnellate con un deficit del 25% sul 2016/17. La prevista flessione dei raccolti dovrebbe forse influenzare negativamente i prezzi, in parte accentuando le importazioni da parte degli Usa, della Nuova Zelanda e dell’Australia, anche della Crimea. In proposito, come è sottolineato dal convegno di Verona l’import-export, non solo riguardante il kiwi nei rapporti con la Russia, sembra più squilibrato di un tempo a causa delle sanzioni occidentali rinnovate qualche mese fa. In una tabella pubblicata per il convegno di Verona sono anche state formulate le previsioni per la prossima campagna la quale si concluderà nell’autunno 2018. Sia in Italia, in Europa e in alcuni paesi della UE le produzioni potrebbero essere cedenti: meno 5% in Europa e Usa, meno 5% nella sola Europa, meno 14% in Italia, meno 8% in Francia, ma produzioni crescenti fra il 19% e il 16% in Portogallo, Spagna, Grecia sia per i kiwi a polpa verde che per le varietà a polpa gialla. Sia in Italia, dove la leadership è detenuta da Ravenna, che in tutta l’area comunitaria sono però previsti investimenti per gli impianti nonché per le iniziative delle università italiane, dei servizi fitosanitari regionali e di istituti di ricerca privati. Il convegno di Verona e la documentazione che ha prodotto si sono anche soffermati su un mix di fattori che potrebbero non più presentarsi nell’annata di coltivazione 2018. Fra di questi più in generale il cambiamento climatico con forti influenze negative anni fa non considerate. E poi il gelo che nel 2017 ha stroncato tante coltivazioni, la cimice asiatica che danneggia le piante riducendole a mal partito, le morie che hanno colpito il Veneto e il Piemonte e il cui incubo nel 2016 non si è ancora stato debellato preoccupando non poco i coltivatori. Di tutto questo nel suo brano rock intitolato Kiwi Harry Style non ha accennato, forse ritenendo che per i giovani nei campi musica e scienza raramente vanno d’accordo.
You must be logged in to post a comment Login