di Enrico Villa
Il riso e la pasta non sono in contraddizione, ma alimenti di grande consumo con uno stesso ceppo: la farina che viene da un chicco, di grano o di riso che sia. E che quando si producono con il riso aiutano a combattere le intolleranze alimentari come la celiacia, clinicamente più diffuse di un tempo. Sette anni fa, utilizzando le tecniche sviluppate ad Alba per le paste di nicchia con verdure, peperoncino ed altro, la S.P. di Stroppiana, riseria ultramoderna sulla statale 31 del Monferrato, affrontò anche la produzione di “pasta di riso” come da sempre, con i loro spaghettini, producono i cinesi.
Ma la “pasta di riso” in tanti formati è solo una delle linee di prodotto della S.P. società per azioni nata a metà dei primi anni Duemila con investimento di diversi milioni di euro per iniziativa delle famiglie Scalafiotti e Pastore con le radici nella storia industriale del Piemonte nei comparti dell’alluminio, dell’agroalimentare e della lavorazione del riso con altra installazione tradizionale ad Asigliano Vercellese. Presidente della S.P. (appunto Scalafiotti e Pastore) è Mario Pastore, amministratore delegato Maria Grazia Tagliabò. Il logo societario, che incombe alla periferia di Stroppiana sulla 31 del Monferrato, è un grande chicco d’oro il quale, però, non ha nulla da spartire con il “golden rice” messo a punto dagli americani nel centro di Los Banios nelle Filippine, dispensatore di molte vitamine perché conseguenza di un Ogm, un organismo geneticamente modificato. La S.P. Spa, con capitale di un milione di euro, è rigidamente fedele alla tradizione della risicoltura italiana e europea che ha bandito dalle nostre risaie gli ogm. Quando nel 2006 l’impianto si mise all’opera con macchinari di ultima generazione cui badano una ventina di persone, l’obbiettivo preminente è stato – ed è – la qualità, anche fine generale della risicoltura italiane ed europea per contrastare la concorrenza, sovente sleale, del Sud Est asiatico. Le installazioni di Stroppiana, che come accennato propongono numerose linee di prodotto fra riso e pasta, lavorano in modo consistere per “conto terzi” facendo prevalere le tecniche più avanzate, compreso il trattamento di disinfestazione del risone nei silos, basato sul C02. Infatti l’anidride carbonica elimina, prima della lavorazione di raffinazione, ogni impercettibile traccia animale e vegetale che fosse presente nei silos.
La S.P. di Stroppiana – testimonianza che le riserie moderne non hanno abbandonato il Vercellese per il Pavese e altre aree della Pianura Padana – presenta un altro primato societario: la lavorazione in esclusiva, con rapporto fiduciario, della varietà di riso tondo giapponese Yume che in nipponico significa sogno. La varietà di riso tondo Yume in Europa è stata ottenuta dalla “Sis Sementi” di Bologna che con contratti di coltivazione ne è affidato la produzione “in purezza” ad una quindicina di aziende operanti nel Vercellese e nel Novarese. Non solo: il gigante dell’alimentazione JFC, simile al nostro Eataly, con diramazioni in tutto il mondo, ha affidato la lavorazione in esclusiva dello Yume alla S.P. stroppianese. Dietro ai contratti di coltivazione e alla esclusività della raffinazione nella riseria della S.P. si staglia una grande organizzazione di marketing e di distribuzione controllato dalla JFC attraverso i suoi referenti, in genere tedeschi. Per i giapponesi, che nel mondo considerano il sushi “sacro” come noi la pizza, l’ingrediente fondamentale è il riso tondo e con poco amido sia che le polpettine siano accompagnate da pesce crudo, o da alghe, o da verdure. In Italia e in Europa la garanzia per il sushi in migliaia di locali viene proprio dal riso Yume selezionato dalla Sis Sementi, coltivato dagli specialisti del Vercellese e del Novarese e raffinato dalla S.P. di Stroppiana che anche accoglie gli acquirenti con un avveniristico spaccio.
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